Scarso rendimento ed eccessiva morbilità nel rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri

Articolo di Michelangelo Salvagni

Pubblicato in Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 1/2016

Pdf pubblicazione

CASSAZIONE, 2.9.2015, n. 17436, ord. – Pres. Stile, Est. Manna, P.M. Matera (conf.) – A.T.M. - Azienda trasporti milanese Spa (avv.ti Giacchetti, Zambello) c. A.G. (avv. Civitelli).
Conf. Corte d’Appello di Milano, 10.3.2013.


Licenziamento individuale – Rapporto di lavoro autoferrotranvieri – Ferrovie in concessione –
Esonero agente per scarso rendimento – Eccessiva morbilità – Necessità di colpa – Insussistenza –
Giustificato motivo oggettivo – Differenza dall’esonero del servizio per malattia.


Ai fini dell’esonero definitivo dal servizio dei lavoratori autoferrotranvieri dipendenti da aziende
esercenti il pubblico servizio di trasporti in regime di concessione, la fattispecie dello scarso rendimento previsto dall’art. 27, lett. d, del Regolamento attuativo, all. A, al r.d. n. 148 del 1931, è ipotesi diversa e separata da quella prevista dallo stesso art. 27, lett. b, che disciplina invece la malattia. Conseguentemente, e ripetute assenze per malattia non possono considerarsi come utili ai fini della configurabilità dello scarso rendimento idoneo a giustificare l’esonero dal servizio dell’agente. (1)


(1) SCARSO RENDIMENTO ED ECCESSIVA MORBILITÀ NEL RAPPORTO DI LAVORO DEGLI AUTOFERROTRANVIERI 


1. — La sentenza in commento tratta il caso di un lavoratore dipendente di un’azienda esercente il
pubblico servizio di trasporti in regime di concessione, esonerato dal servizio per scarso rendimento ai sensi
dell’art. 27 del Regolamento attuativo, all. A al r.d. n. 148 del 1931, a causa di numerose assenze per
malattia, anche se non in numero tale da esaurire il periodo di comporto.
La Corte di Appello di Milano, in totale riforma della sentenza emessa dal Tribunale meneghino, pur
avendo preso in considerazione le sanzioni di addebito comminate al lavoratore durante l’intercorso rapporto
di lavoro, ha tuttavia dichiarato illegittimo il recesso escludendone la natura disciplinare. L’azienda convenuta è stata conseguentemente condannata a reintegrare il lavoratore ex art. 18, l. n. 300 del 1970. In
merito la Cassazione ha confermato la sentenza di appello che ha applicato al rapporto di lavoro degli
autoferrotranvieri la tutela reintegratoria affermando che, anche se il rapporto di lavoro è disciplinato dal
Regolamento all. A al r.d. n. 148 del 1931, tuttavia, in base alla forza espansiva di cui sono dotate le
disposizioni dell’art. 18, legge n. 300/70, le stesse si applicano a tutte le ipotesi di invalidità del recesso del
datore di lavoro qualora non assoggettate a una diversa e specifica disciplina.
Questi gli elementi fattuali della vicenda, non essendo possibile rinvenire ulteriori circostanze in fatto
vista la breve ricostruzione fornita dalla motivazione oggetto di commento.
2. — Il caso di specie, come in breve sopra anticipato, attiene a un recesso intimato per scarso rendimento
imputabile all’elevato numero di assenze effettuate da un lavoratore autoferrotranviere ma, tuttavia, non in
numero tali da configurare l’ipotesi di superamento del periodo di comporto. Conseguentemente, la tematica
rilevante ai fini dell’odierna annotazione riguarda essenzialmente la configurabilità o meno delle assenze per
malattia ai fini della qualificazione dello scarso rendimento idoneo, ai sensi del citato art. 27 del
Regolamento all. A al r.d. n. 148 del 1931, a giustificare l’esonero dal servizio del prestatore.
Occorre sin da subito evidenziare che l’interpretazione offerta dai giudici di legittimità per la definizione
della controversia in esame differisce nettamente dall’ultimo precedente giurisprudenziale relativo a una
fattispecie analoga (anche se non riguardava il rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri), ossia la decisione
della Cassazione n. 18678 del 4.9.2014. La Suprema Corte, con la sentenza dello scorso anno, si è discostata
dal pregresso unanime indirizzo della giurisprudenza, tornando a qualificare l’eccessiva morbilità quale ipotesi di scarso rendimento che legittima il licenziamento per giustificato motivo oggettivo a norma dell’art. 3, legge n. 604/66, nel caso in cui si raffiguri un pregiudizio alla funzionalità produttiva (Vd. Talarico 2015;
La Mendola 2015).
Per completezza di informazione, si segnala che tale provvedimento del 2014 viene richiamato dai giudici
di legittimità della decisione in commento che, tuttavia, nella propria motivazione, dichiarano espressamente
di non condividere la soluzione ivi prospettata, aderendo invece al precedente consolidato filone
giurisprudenziale di cui si darà conto nel prosieguo della nota.
Entrando nel merito della presente vicenda, si evidenzia che il nodo interpretativo da sciogliere riguarda il
fatto che il sopra menzionato art. 27, lett. d, posto alla base del recesso, stabilisce che il lavoratore può essere esonerato dal servizio «per scarso rendimento o per palese insufficienza imputabile a colpa dell’agente nell’
adempimento delle questioni del proprio grado».
Per la risoluzione di tale questione i giudici di legittimità dichiarano che l’ipotesi dello scarso rendimento deve però ritenersi separata dalla diversa fattispecie delle assenze per malattia che determinano inabilità al servizio disciplinata, invece, da un’altra disposizione normativa di cui alla lettera b dello stesso art. 27 [Per
quanto riguarda una ricostruzione della fattispecie dello scarso rendimento collegato alla eccessiva morbilità, si vedano in sintesi i seguenti contributi di giurisprudenza e dottrina risalenti nel tempo: Pret. Desio 8 giugno
1977, in RGL, 1977, n. 1, II, 57; Pret. Milano 30 gennaio 1991, in DPL, n. 17, 1991, 1105; Cass. 7 febbraio 2011, n. 2971, in NGL, n.2, 2011, p. 202. Sulla eccessiva morbilità del dipendente autoferrotranviere si veda,
quale precedente specifico: Cass. 22 novembre 1996 (Frontini 1997)].
In concreto, secondo le statuizioni della sentenza in analisi, visto che il richiamato art. 27 prevede due
differenti ipotesi che disciplinano l’esonero dal servizio ossia, da una parte, lo scarso rendimento e, dall’altra, la malattia, allora non può tenersi conto, ai fini della qualificazione della prima ipotesi, delle cosiddette
diminuzioni di rendimento determinate da assenze per malattia. Queste ultime assenze, infatti, sempre
secondo i giudici di legittimità, possono rilevare solo nell’ambito di una diversa previsione attinente allo
stato di salute del prestatore (In tal senso, si vedano i precedenti richiamati dalla decisione in esame: Cass. n. 8633/2000; Cass. n. 3210/1997; Cass. n. 10075/1993; Cass. n. 3060/1990; contra, Cass. n. 10286/1996).
Secondo la Cassazione le due ipotesi previste dalla norma speciale non sono sovrapponibili in quanto, e
questo è il punto cruciale della controversia, lo scarso rendimento è caratterizzato dalla colpa del lavoratore,
elemento invece assente nelle assenze dovute a malattia, essendo le medesime indipendenti dalla volontà del prestatore.
In merito, la Suprema Corte afferma che le uniche ipotesi valutabili per verificare la condotta dell’agente riconducibile allo scarso rendimento sono esclusivamente quelle determinate da imperizia, incapacità, negligenza; le assenze per malattia non determinano quindi alcuna condotta colpevole del lavoratore.
I giudici di legittimità poi, nel concludere il proprio ragionamento decisorio, richiamano espressamente la
ultratrentennale giurisprudenza della Cassazione che, a partire dalle tre note sentenze delle Sezioni Unite del
1980, ha sempre affermato che «anche in ipotesi di reiterate assenze del dipendente per malattia, il datore di
lavoro non può licenziarlo per giustificato motivo, ai sensi della l. n. 604 del 1966, art. 3, ma può esercitare il recesso solo dopo che si sia esaurito il periodo all’uopo fissato dalla contrattazione collettiva» (In tal senso, si veda Cass. 29.3.1980, n. 2072, 2073 e 2074, S.U., pubblicate rispettivamente in GI, 1980, I, p. 1438; in FI, 1980, I, 936; in RGL, 1980, n. 4, II, 929, e MGL, 1980, 419).
Nel caso che qui interessa, pertanto, la Cassazione esclude categoricamente che l’eccessiva morbilità possa costituire un’ipotesi di scarso rendimento e, quindi, di giustificato motivo di licenziamento; ciò anche in considerazione della diversa tutela approntata alla malattia dall’art. 2110 c.c. che, infatti, prevede il
mantenimento del posto di lavoro per un certo periodo di tempo. Occorre richiamare sul punto quanto
correttamente osservato anche dalla dottrina secondo cui, mentre la nozione di scarso rendimento presuppone
il mancato raggiungimento di risultati produttivi causato proprio dalle ripetute assenze, e quindi una condotta
colpevole del prestatore che può adempiere la prestazione, nella malattia, invece, il lavoratore ha diritto a
non eseguire la propria prestazione senza che a tale condotta possa contestarsi alcun addebito, in quanto in
caso di malattia «si può parlare di insufficiente rendimento non in senso giuridico, ma solo fattuale posto che
la prestazione lavorativa non è stata materialmente eseguita in ragione dello stato morboso» (In tal senso, Voza 2015. Sulla nozione di scarso rendimento ed eccessiva morbilità si veda anche Napoli 1980, nonché Del Punta 1992).
3. — Si osserva inoltre che la decisione in annotazione affronta anche un’ulteriore questione di rilevante interesse, ossia se lo scarso rendimento possa essere dimostrato in base a plurimi precedenti disciplinari.
Sul punto, la Cassazione afferma che le mancanze disciplinari già sanzionate durante l’intercorso rapporto di lavoro non qualificano tout court lo scarso rendimento. E infatti, sempre secondo i giudici di legittimità, le sanzioni contestate in passato al prestatore non consentono di dimostrare sic et sempliciter l’illegittima condotta invocata, come se vi fosse una sorta di presunzione. Il datore di lavoro, invece, deve necessariamente dimostrare i termini dell’asserito scarso rendimento a prescindere dai precedenti addebiti
disciplinari, realizzandosi altrimenti una ingiustificabile «indiretta sostanziale duplicazione degli effetti di
condotte ormai esaurite».
In relazione a tale principio giuridico, si evidenzia che la sentenza in esame aderisce implicitamente (in
quanto la motivazione non richiama espressamente lo specifico precedente giurisprudenziale), a un
precedente indirizzo di legittimità secondo cui lo scarso rendimento può essere ricondotto, a secondo delle circostanze, come giustificato motivo oggettivo di licenziamento, oppure come giustificato motivo soggettivo «quando esso sia l’effetto di un adempimento degli obblighi contrattuali. Alla valutazione della sussistenza e gravità di tale inadempimento deve concorrere l’apprezzamento di tutte le circostanze del caso» [In tal senso, cfr. Cass. 5 marzo 2003, n. 3250 (Ichino 2003). Su una completa disamina dell’inadempimento per scarso rendimento con riferimento a Cass. 5.3.2003, n. 3250 (Federici 2003)].
Pertanto, alla luce di quanto sin qui esposto, risulta evidente che il presupposto giuridico necessario alla
realizzazione della fattispecie risolutoria che configura lo scarso rendimento è sempre l’inadempimento colpevole del prestatore, il cui onere della prova incombe necessariamente sul datore di lavoro.
4. — Per concludere, si può affermare che la decisione oggetto di nota ristabilisce per le due fattispecie dello scarso rendimento e della eccessiva morbilità quel giusto equilibrio in parte «scosso» dalla citata sentenza della Suprema Corte del 2014 che, difatti, aveva suscitato molteplici dubbi interpretativi in dottrina
(In tal senso, Lama 2014; nonché Gragnoli 2015). Ciò in quanto la giurisprudenza, proprio a seguito delle sopra menzionate tre sentenze delle Sezioni Unite del 1980, aveva ormai consolidato un indirizzo, ormai più che decennale, secondo cui le reiterate assenze per malattia sono estranee alla fattispecie dell’
inadempimento, né possono incidere sulla eventuale valutazione di una colpa addebitabile al prestatore.
Conseguentemente, l’interpretazione offerta dalla sentenza in commento risulta pienamente condivisibile poiché stabilisce, ancora una volta, il principio secondo cui la malattia non può in alcun modo essere oggetto di una condotta punibile.
Una diversa soluzione mortificherebbe, in maniera ingiustificata, le previsioni approntate dall’
ordinamento a tutela della salute del lavoratore, che trovano la loro fonte principale in una norma di rango costituzionale, ossia l’articolo 32, nonché in una disposizione codicistica, l’articolo 2010 c.c., che prevede espressamente la conservazione del posto di lavoro per un tempo determinato, stabilito diversamente caso
per caso dalla contrattazione collettiva. Nel voler ricondurre invece le assenze per malattia a un’ipotesi di scarso rendimento, si rischia di sanzionare la salute del lavoratore in ragione di un inadempimento privo di
colpa, ove le assenze sul lavoro sono indipendenti dalla volontà del prestatore. Principio questo in contrasto, come già evidenziato, non solo con le norme costituzionali, ma anche con le regole del diritto comune, ove l’
inadempimento incolpevole non può essere oggetto di sanzione.

Pdf pubblicazione


Bibliografia


Del Punta R. (1992), La sospensione del rapporto di lavoro. Malattia, infortunio, maternità, servizio militare, in Il codice civile. Commentario diretto da Schlesinger, Milano, 372.
Federici A. (2003), Lo scarso rendimento e il rendimento inadeguato nelle causali di giustificazione del licenziamento, in RGL, n. 3, II, 512-519.
Frontini G. (1997), L’interpretazione dello scarso rendimento dell’art. 27, comma 1, lettera d, dell’
allegato A, al Regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, e il diritto alla salute, in RGL, n. 1, I, 179.
Gragnoli E. (2015), Il licenziamento per scarso rendimento e il giustificato motivo oggettivo, LG, n. 1, 40.
Ichino P. (2003), Sullo scarso rendimento come fattispecie anfibia, suscettibile di costituire al tempo stesso giustificato motivo oggettivo e soggettivo di licenziamento, in RIDL, n. 2, 694-696.
La Mendola J. (2015), Licenziamento per assenteismo tattico, in DPL, n. 8, 516-521.
Lama R. (2014), Trent’anni dopo le Sezioni Unite: la Cassazione riesuma l’eccessiva morbilità come giustificato motivo di licenziamento, in RIDL, n. 4, 969.
Napoli (1980), La stabilità reale del rapporto di lavoro, Milano, 356-357.
Talarico M. (2015), Licenziamento per scarso rendimento da eccessiva morbilità, in RGL, n. 1, I, 2015, 72.
Voza R. (2015), Licenziamento e malattia: le parole e silenzi del legislatore, in W.P. Csdle «Massimo D’Antona».IT, n. 248, 7