Con sentenza n. 4140, pubblicata il 02.01.2017, la Corte d’Appello di Roma ha condannato la società Invitalia S.p.A. a corrispondere in favore di un lavoratore dipendente un risarcimento del danno da dequalificazione professionale quantificato in una percentuale della retribuzione mensile moltiplicata per tutti i mesi nei quali il suddetto demansionamento è stato accertato.
In particolare, i Giudici hanno stabilito, anche in ragione dei testimoni escussi nel corso del giudizio, che il lavoratore per un prolungato e continuo periodo era stato adibito a mansioni inferiori rispetto al livello posseduto di quadro. Tale accertamento ha determinato il riconoscimento da parte della Corte d’Appello di un danno professionale. Quanto alla quantificazione del risarcimento di tale danno, tenuto conto che è principio consolidato che la prova del danno alla professionalità può essere fornita anche mediante presunzioni, i Giudici hanno osservato come la grave e persistente dequalificazione avesse cagionato al lavoratore una palese lesione della dignità professionale e dell’immagine, anche sociale, nonché serie difficoltà relazionali dovute alla perdita di autostima e all’inaridimento del bagaglio professionale. In particolare, quest’ultimo aspetto, relativo proprio alla diminuzione della professionalità posseduta dal lavoratore, ha determinato secondo i giudici anche una perdita di chance di ulteriore sviluppo professionale di carriera. Pertanto, in base alle suesposte considerazioni, la Corte d’Appello di Roma ha condannato la società a corrispondere, in via equitativa, una somma pari ad una percentuale della retribuzione mensile per ogni mese di accertata dequalificazione professionale.