TERNA SPA CONDANNATA ALLA RIAMMISSIONE IN SERVIZIO DI DUE LAVORATRICI PER L’ILLEGITTIMA INTERPOSIZIONE DI MANODOPERA E APPALTO NON GENUINO, CON CONSEGUENTE ACCERTAMENTO DI UN RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni.

Con due sentenze del 24.05.2021 e del 21.07.2021, la Corte di Appello di Roma ha accolto l’appello proposto da due lavoratrici, accertando che il rapporto di lavoro formalmente intercorso tra le medesime e la cooperativa formale datrice di lavoro doveva in realtà essere imputato alla Terna in qualità di effettivo datore di lavoro.

In particolare, la Corte di Appello, valorizzando la dirimente circostanza relativa dell’effettivo esercizio dei poteri direttivi ed organizzativi della prestazione delle lavoratrici, ha statuito come dall’istruttoria orale fosse emersa la prova dell’assenza sul luogo di lavoro di un referente della Cooperativa. Il potere direttivo e organizzativo (riguardo i turni e la gestione quotidiana della prestazione lavorativa), infatti, era esercitato dall’utilizzatrice, essendo la cooperativa formale datrice di lavoro una mera “organizzazione fantasma” in capo alla quale residuava la sola gestione amministrativa/burocratica del rapporto.

Alla luce delle risultanze emerse dall’istruttoria testimoniale e della documentazione prodotta, la Corte di Appello ha pertanto dichiarato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, intercorso con la Terna, ancora in essere, condannando la Società alla riammissione in servizio delle lavoratrici e al pagamento di una indennità pari a 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

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TELECOM E DEMANSIONAMENTO DI UN 4° LIVELLO AL DAC/CDA: LA CORTE DI APPELLO CONFERMA CHE LE MANSIONI DI TIPIZZAZIONE SONO DI 2° LIVELLO E VA RISARCITO IL DANNO PROFESSIONALE

Errata corrige 21 Maggio 2022

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 01.03.2022, in una causa patrocinata sia in primo grado che in secondo grado dallo Studio Legale Salvagni, ha condannato Telecom Italia S.p.a. al risarcimento del danno per l’illegittimo demansionamento di una lavoratrice adibita al DAC/CDA, dal 4° livello al 2° livello del CCNL applicato, a partire dal 2012, con adibizione a mere mansioni di tipizzazione (inserimento dati). ...

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TELECOM E DEMANSIONAMENTO DI UN LAVORATORE DI 5° LIVELLO: LA CORTE DI APPELLO CONDANNA LA SOCIETA’ A RISARCIRE IL DANNO PROFESSIONALE PER L’ADIBIZIONE A MANSIONI DI 2° LIVELLO.

Errata corrige 21 Maggio 2022

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 3.5.2022, in una causa patrocinata sia in primo grado che in secondo grado dallo Studio Legale Salvagni, rigettando l’appello della Società, ha confermato la sentenza di primo grado ove il Tribunale di Roma ha condannato la Telecom Italia S.p.a. al risarcimento del danno per l’illegittimo demansionamento di un lavoratore che, inquadrato nel 5° livello, a partire dal 2012 era invece stato illegittimamente adibito a mansioni riferibili al 2° livello del CCNL applicato. ...

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TELECOM CONDANNATA ALLA RIAMMISSIONE IN SERVIZIO DI ALTRI TRE “CONSULENTI” PER L’ILLEGITTIMA INTERPOSIZIONE DI MANODOPERA E APPALTO NON GENUINO (cd. Body Rental), CON CONSEGUENTE ACCERTAMENTO DI UN RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni

Con altre due sentenze del 29.06.2021 e del 21.10.2021 su analoga fattispecie già decisa favorevolmente in data 29.12.2020 nei confronti di un lavoratore assistito sempre dallo Studio Legale Salvagni (vedi abstract su questo sito del 12.10.2020), due diversi giudici del Tribunale di Velletri hanno accertato che il rapporto di lavoro formalmente intercorso tra i lavoratori e le società formali datrici di lavoro - società di consulenza informatica che si limitavano alla mera fornitura di manodopera (cd. Body Rental) - doveva in realtà essere imputato alla Telecom Italia in qualità di effettivo datore di lavoro.

Nel caso di specie, i lavoratori avevano, rispettivamente, dal 2014 e dal 2012, prestato la propria attività lavorativa di natura subordinata - svolgendo mansioni di tipo informatico - direttamente in favore della Telecom, ricevendo disposizioni specifiche, direttive e indicazioni dai referenti della società stessa, essendo inoltre sottoposti, da parte degli stessi, al controllo e/o riscontro della propria prestazione lavorativa.

In particolare, nella prima delle sentenze citate, il giudice ha focalizzato il proprio ragionamento decisorio, oltre che sulla mancata prova dell’esistenza di un contratto di appalto tra la formale datrice e la Telecom Italia, anche sull’assenza di uno specifico know how non presente in azienda che avrebbe richiesto la necessità di ricorrere a personale esterno.

Trattandosi, infatti, di un cd. appalto labour intensive - ossia di un servizio nel quale la realizzazione delle attività commesse richiede scarso uso di beni materiali e dipende, invece, in maniera decisiva, dalla prestazione del lavoro umano - l’attività oggetto dell’(eventuale) appalto, non era finalizzata a rendere un servizio distinguibile rispetto all’attività svolta dal committente, essendo invece le mansioni svolte dal lavoratore le medesime espletate dal personale interno di Telecom.

Alla luce delle risultanze emerse dall’istruttoria testimoniale e della documentazione prodotta, il Tribunale, pertanto, ha dichiarato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, a tempo pieno e indeterminato, intercorso con la Telecom in modo irregolare, ancora in essere, condannando la Società alla riammissione in servizio dei lavoratori e al pagamento di una indennità pari a 10 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

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