TELECOM CONDANNATA A RISARCIRE IL DANNO PROFESSIONALE E MORALE PER L’ILLECITO DEMANSIONAMENTO DI UN 7 LIVELLO QUADRO

Causa patrocinata dallo Studio legale Salvagni.

Nota a sentenza di G.A. Recchia pubblicata su RGL n. 4/2021 - Giurisprudenza ONLINE Newsletter n.12/2021 
Sentenza pubblicata  su RGL Giurisprudenza ONLINE n. 7/2021, con Commento di A. Stani

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 24 giugno 2021, ha accertato l’illegittimo demansionamento posto in essere dalla Telecom Italia S.p.a. nei confronti di una lavoratrice inquadrata nel livello 7 Quadro del CCNL Telecomunicazioni, ordinando alla società di reintegrare la medesima in mansioni riferibili nel livello posseduto (7Q) e condannando altresì l’azienda al risarcimento del danno professionale e morale. La vicenda prende le mosse dalla dedotta adibizione a mansioni inferiori di una dipendente, la quale ha rivendicato l’accertamento della dequalificazione professionale subita a seguito di un presunto riassetto organizzativo. La ricorrente, dopo aver ricostruito in dettaglio le mansioni espletate con riferimento all’elevata capacità lavorativa acquisita mediante lo svolgimento di funzioni direttive e di coordinamento del personale ha richiesto il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in ragione dell’adibizione a mansioni inferiori e del conseguente svilimento della propria professionalità e dignità morale.

Il Tribunale di Roma a seguito della disamina delle dichiarazioni testimoniali e della giurisprudenza di legittimità in merito all’onere della prova in tema di demansionamento – affermando che questo grava sul datore di lavoro – ha accertato l'illegittimità della dequalificazione professionale, evidenziando che la società resistente non ha fornito la prova dell’esatto adempimento dell’obbligo contrattuale scaturente dall’art. 2103 c.c. e condannando la società al risarcimento del danno professionale sia nella sua componente patrimoniale che in quella non patrimoniale da lesione della dignità.  

Il Giudice, pertanto, raffrontando le mansioni assegnate alla lavoratrice dopo la asserita riorganizzazione aziendale con le funzioni previste dalla declaratoria relativa al livello Quadro, ha rilevato come risulti del tutto evidente che i compiti assegnati alla medesima non possano essere in alcun modo rispondenti alle caratteristiche che connotano tale livello, né possano essere ritenute riconducibili alle funzioni che, svolte antecedentemente al demansionamento, sono connotate da competenza manageriale, gestionale e tecnica e da un elevato grado di autonomia e decisionalità. In particolare, il magistrato attribuisce rilevanza alla fattispecie della professionalità anche a seguito della modifica apportata all’art. 2103 c.c. da parte del c.d. Jobs Act, che ha eliminato il principio dell’equivalenza; in merito, il giudice afferma che la modifica delle mansioni non potrà mai giungere al punto di mortificare il valore della professionalità di un lavoratore, che si rinviene non solo in base al suo inquadramento contrattuale, ma anche (ed in pari misura), dall’esperienza, dalla preparazione e dalle competenze maturate nel corso degli anni, le quali contribuiscono a creare un patrimonio indissolubile integrante il presupposto per il continuo sviluppo delle capacità lavorative. Ciò assume, poi, ancora maggiore valenza allorché le declaratorie contrattuali, come nel caso del CCNL Telecomunicazioni, siano di ampiezza tale da racchiudere al loro interno professionalità molto diverse tra loro, in quanto derivanti dallo svolgimento di compiti differenziati da competenze e preparazione acquisite con modalità assolutamente non comparabili.