Causa patrocinata dallo Studio legale Salvagni
La Corte di Cassazione, con sentenza pubblicata in data 30 novembre 2021, ha dichiarato l’illegittimità di contratti di collaborazione e a progetto stipulati tra l’Upter - Università popolare della terza età- e una docente a cui era stato assegnato il corso di storia dell’arte durato ininterrottamente per circa 10 anni. Il giudizio in cassazione ha avuto ad oggetto una duplice questione: la cortezza dell’accertamento dell’illegittimità dei contratti di collaborazione coordinata e a progetto che, formalmente, avevano giustificato la collaborazione prestata dalla lavoratrice nonché, in ogni caso, la verifica della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti sin dall’origine.
La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto la configurabilità di un unico rapporto di lavoro subordinato anche in ragione della continuità e uniformità dei compiti di insegnamento, della cadenza dei tempi dei corsi e della ripetitività e prevedibilità della natura didattico educativa svolta da UPTER. Secondo i giudici di legittimità propri tali tratti di continuità dimostrano l’assenza di un reale progetto e l’assenza di qualsivoglia autonomia del docente.
Nel caso di specie, infatti, la lavoratrice svolgeva - per ogni anno accademico e consecutivamente per un periodo di circa 10 anni (dal 2003 al 2012) – attività didattica di insegnamento a favore della Università Popolare “Upter“ nella materia Storia dell’Arte, in virtù della stipulazione di una serie di contratti di lavoro a progetto.
La lavoratrice sosteneva che i contratti oggetto di causa fossero carenti di un reale e necessario progetto di lavoro e che ciò fosse comprovato in ragione del fatto che non fosse ravvisabile, nei contratti stessi, un quid pluris rispetto alla mission (scopo) della società resistente.
La lavoratrice deduceva inoltre, a sostegno delle proprie domande, che durante il rapporto di lavoro doveva: attenersi alle ordinarie esigenze dell’Istituto conformandosi agli orari delle lezioni predefiniti; svolgere le lezioni in aula secondo un programma di insegnamento stabilito prima dell’inizio dell’anno accademico dal datore; assicurare la propria presenza e giustificare le assenze in caso di malattia o impedimento. Affermava, inoltre, di essere onerata alla tenuta di registri ove doveva inserire la presenza dei discenti. L’insegnante chiedeva, pertanto, il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato per il concreto atteggiarsi della prestazione di insegnante del tutto priva di autonomia.
La Cassazione ha confermato quindi quanto già stabilito dalla Corte di Appello di Roma secondo cui i contratti sottoscritti dalle parti non fossero conformi allo schema legale ex art. 69, 1° comma, del D. Lgs n. 276/2003 in quanto non contenevano la determinazione del progetto. I contratti, di fatto, avevano ad oggetto lo “svolgimento di lezioni teorico-pratiche” e, quindi, meri compiti di insegnamento. Non era individuabile alcun riferimento ad un vero e proprio risultato finale che potesse riconoscersi come un progetto specifico o fase o programma rispetto all’attività del committente.
La Corte di Cassazione, pertanto, ha ritenuto corretta la motivazione della Corte di Appello che ha ritenuto nel caso di specie configurabile la presunzione assoluta di cui all’art. 69, 1° comma, del D.Lgs n. 276/2003, quale sanzione conseguente all’assenza del progetto, riconoscendo così la natura subordinata del rapporto di lavoro. In forza di tale disposizione il giudice, ove accerti la mancata specificità e/o l’assenza di un reale progetto, deve procedere con l’automatica conversione in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, senza accertare nel merito se il rapporto si sia in concreto svolto secondo gli schemi del lavoro subordinato.