Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni.
Con sentenza del 12.07.2022, la Corte d'Appello di Roma ha accolto il reclamo ex art. 1, comma 58, L. 92/2012, presentato da sei dipendenti della nota società COMDATA S.p.A. che si occupa di servizi call center condannando parte datoriale a reintegrarli nel posto di lavoro precedentemente occupato, nonché al pagamento di 10 mensilità di retribuzione globale di fatto, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
La Corte d'Appello di Roma, in riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma in fase di opposizione, ha affermato che: “se il venir meno della commessa atteso il cambio appalto sarebbe idoneo a giustificare il recesso, lo stesso in ogni caso non risulta integrato per la mancata prova della datrice di lavoro dell'obbligo di repechage"".
Come statuito dalla Corte d'Appello di Roma, pertanto, anche in caso di successione di appalti nei call center, il dipendente può impugnare il recesso se il datore di lavoro ha del tutto omesso di assolvere all’obbligo di repechage, avendo licenziato i lavoratori senza un serio tentativo di reimpiegarli altrove, anche in considerazione della professionalità dei medesimi e della loro fungibilità con altri addetti call center, della loro anzianità di servizio, nonché per la possibilità di adibirli anche a mansioni inferiori in virtù di quanto previsto dall’art. 2103 c.c., come modificato dal D.Lgs. n. 81/2015.
La Corte d'Appello di Roma, pertanto, anche in virtù delle testimonianze rese nel corso del giudizio di primo grado, ha ritenuto che la società non abbia dimostrato nulla circa l'impossibilità di riempiego dei reclamanti in altre commesse e anche in considerazione della fungibilità delle mansioni dei lavoratori.