Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 29 luglio 2025, ha riformato la sentenza di primo grado del Tribunale di Roma, accogliendo le domande di un dirigente farmacista dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, assistito da questo Studio legale con la collaborazione della collega avv. Caterina Scorrano, volte all’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato per 9 anni (dal 2010 al 2019), con conseguente condanna dell’Ospedale al pagamento delle differenze retributive e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dovuti.
La Corte adita, smontando il ragionamento del primo giudice, ha ritenuto che gli esiti dell’istruttoria svolta nella precedente fase del giudizio ed il contenuto della documentazione prodotta in atti abbiano dimostrato, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, lo svolgimento da parte del lavoratore di attività lavorativa subordinata per l’intero periodo dedotto in giudizio.
In particolare, il Collegio ha desunto, dal complessivo contenuto delle dichiarazioni testimoniali rese dai testi citati del lavoratore, aventi conoscenza diretta dei fatti, la presenza continuativa e costante del dipendente presso la farmacia del S. Camillo Forlanini, per tutto il periodo oggetto di giudizio, con svolgimento di mansioni attinenti all’ordinaria attività della farmacia dell’Ospedale, mediante l’utilizzo di mezzi di proprietà dell’Ente, con obbligo di presenza nell’intera giornata lavorativa e con assoggettamento al potere direttivo datoriale nella persona della direttrice della Farmacia.
La Corte ha ritenuto che le dichiarazioni dei due testi del ricorrente fossero maggiormente attendibili rispetto a quelle della direttrice della Farmacia, su cui il Tribunale aveva erroneamente basato la motivazione della sentenza di primo grado.
Il Collegio ha fondato il proprio ragionamento sul principio in base al quale quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari.
Rilevano, secondo la Corte d’Appello, ai fini della qualificazione subordinata del rapporto i seguenti indici: la collaborazione, la continuità delle prestazioni, l’osservanza di un orario determinato, il versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, il coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, l’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale, elementi che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione.
La natura subordinata del rapporto di lavoro, infatti, non implica necessariamente che il potere direttivo del datore di lavoro si esplichi mediante ordini continui, dettagliati e strettamente vincolanti, né che risulti continua e stringente la vigilanza sull’attività svolta dal lavoratore, ben potendosi realizzare l’assoggettamento, implicito nel concetto di subordinazione, attraverso direttive dettate dal datore di lavoro in via programmatica.
La Corte ha ribadito anche il principio di diritto secondo cui, qualora il comportamento concretamente osservato dalle parti non sia conforme - e, anzi, sia contrario - agli intenti cristallizzati nel contratto scritto, è al predetto comportamento effettivo che bisogna attribuire valore prevalente, nel qualificare il rapporto instaurato, senza che possa ritenersi vincolante il nomen iuris indicato dai contraenti.
Conseguentemente, sulla base degli indici attestanti la subordinazione, i Giudici hanno correttamente accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti, con conseguente illegittimità dei contratti a progetto che coprivano parte del periodo di lavoro e con diritto del dirigente farmacista alla retribuzione e alla contribuzione previdenziale propria di un rapporto di impiego pubblico regolare (ex art. 2126 c.c.).
In conclusione, il Collegio adito ha riformato il ragionamento del Tribunale accertando la subordinazione e dichiarando la nullità dei fittizi contratti a progetto e di collaborazione, con conseguente condanna dell’Ospedale al pagamento al lavoratore delle differenze retributive pari ad € 145.000,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti.