SOMMINISTRAZIONE A TERMINE OLTRE I 24 MESI: TEMPORANEITÀ IMMANENTE, NULLITÀ DI SISTEMA E CONVERSIONE DEL RAPPORTO

Ho il piacere di segnalare il mio recente contributo pubblicato sulla Rivista Labor (15 dicembre 2025), focalizzato sull'esegesi della sentenza n. 29577 della Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, depositata il 7 novembre 2025.

La pronuncia affronta un tema di cruciale rilievo (sopratutto) pratico: la configurabilità della “temporaneità immanente” quale presupposto di legittimità del contratto di somministrazione.


L’analisi muove da una fattispecie paradigmatica di precarizzazione ovverossia un rapporto di lavoro caratterizzato da 47 tra proroghe e rinnovi, per una durata complessiva eccedente i 37 mesi presso il medesimo utilizzatore.

Tale reiterazione patologica impone una riflessione sulla linea di confine tra la flessibilità fisiologica e l'abuso dello strumento negoziale.
Sul punto, la Suprema Corte chiarisce le conseguenze giuridiche derivanti dalla violazione del tetto dei 24 mesi nella somministrazione a tempo determinato, laddove l'impiego del lavoratore perda i connotati di occasionalità per assumere una stabilità di fatto.
Il profilo di maggiore originalità della sentenza risiede nella qualificazione della sanzione. Nonostante l'art. 38 del D.Lgs. n. 81/2015 non contempli un’espressa previsione per tale ipotesi, i Giudici di Legittimità ravvisano una nullità virtuale di sistema.

Tale nullità è intesa come conseguenza diretta della riespansione del generale divieto di interposizione illecita di manodopera, che riprende vigore ogniqualvolta venga travalicato il perimetro di eccezionalità delle fattispecie interpositorie autorizzate.
La sanzione culmina nell'effetto ripristinatorio della legalità violata cioè la conversione del rapporto di lavoro in capo all'utilizzatore, con decorrenza dalla data di superamento del limite di legittimità.

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