Articolo di Michelangelo Salvagni
Pubblicato in Lavoro e Previdenza Oggi, n. 5/6 2017
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo: brevi cenni. – 2. La nozione di licenziamento per giustificato motivo nell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale: i concetti di costo contabile e costo-opportunità – 3. Il controllo giudiziale sull’effettività del licenziamento per motivo oggettivo. – 3.1. Segue. Problematiche sui limiti del controllo giudiziale sull’effettività della ragione del recesso: la querelle sul licenziamento per mere esigenze di profitto. – 4. Il licenziamento per g.m.o. quale extrema ratio funzionalmente connessa all’obbligo di repêchage nell’interpretazione dottrinale e giurisprudenziale.– 5. La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione sull’obbligo di repêchage quale elemento costitutivo della fattispecie del licenziamento per g.m.o.: l’onere della prova esclusivamente a carico del datore di lavoro e conseguenze sanzionatorie – 6. L’obbligo di repêchage anche in mansioni inferiori ai fini della conservazione del posto di lavoro alla luce del Jobs Act (le modifiche del D.Lgs. n. 81 del 2015). – 6.1. Evoluzione normativa e giurisprudenziale del repêchage in mansioni inferiori prima del D.Lgs. n. 81 del 2015 e la ripartizione dell’onere della prova. – 6.2. L’art. 2103 c.c. a seguito delle modifiche del D.Lgs. n. 81 del 2015: il superamento della regola dell’equivalenza, l’ammissibilità della dequalificazione professionale e dei patti di declassamento. – 6.3. L’art. 2103 c.c. riformato e il repêchage anche in mansioni inferiori nell’interpretazione della dottrina: obbligo o facoltà per il datore di lavoro? – 6.4. L’esegesi giurisprudenziale dopo il Jobs Act: sussistenza di un obbligo di repêchage del lavoratore anche in mansioni inferiori.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo: brevi cenni.
L’analisi dell’istituto del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, così come l’individuazione della sua nozione, non può prescindere da un inquadramento normativo della fattispecie che collochi la stessa all’interno delle norme generali dettate in tema di licenziamento dal Codice Civile e di quelle specifiche relative alla materia del licenziamento per giusta causa e giustificato motivo definite, principalmente, dalla Legge 15 luglio 1966, n. 604.
In primo luogo è opportuno effettuare un breve excursus delle norme codicistiche, partendo dall’art. 2118 c.c. che – all’interno del Libro V del Codice – disegna il confine del recesso dal contratto di lavoro a tempo indeterminato stabilendo che “ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità”. Precisa, inoltre, tale articolo che “in mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione[1] che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro”.
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Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
Con ordinanza del 20.07.2017, n. 75581, il Tribunale di Roma accoglieva il ricorso presentato ex art. 1, comma 48, L. 92/2012 da una lavoratrice dipendente di un ente pubblico condannando parte datoriale a reintegrarla nel posto di lavoro precedentemente occupato, nonché al pagamento di tutte le retribuzioni medio tempo maturate, dalla data dell’illegittimo licenziamento sino a quella dell’effettiva reintegra, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
La vicenda giudiziaria riguardava un licenziamento disciplinare irrogato ad una lavoratrice, alla quale veniva contestata la veridicità dei numerosi certificati medici, giustificativi delle assenze dal servizio. Con il ricorso presentato alla sezione lavoro del Tribunale di Roma la ricorrente, assistita da questo Studio Legale, contestava e impugnava il licenziamento, poiché illegittimo, in quanto la certificazione medica era veritiera e la stessa aveva sempre seguito, nelle ore di assenza dal posto di lavoro, tutti gli adempimenti medici di cui necessitava e per cui tale certificazione medica era stata redatta. Il Tribunale di Roma, alla luce della prova testimoniale svolta, nonché alla luce dei certificati prodotti in giudizio da parte ricorrente, riteneva provati gli interventi medici subiti dalla lavoratrice e tutte le terapie fisioterapiche alla medesima prescritte nel corso del tempo.
Quindi, conseguentemente alle evidenze provenienti dalla escussione dei testimoni e dalla documentazione prodotta, non emergevano in corso di causa elementi volti a provare, in alcun modo, la falsità dei certificati medici della ricorrente. Pertanto, essendo privo di riscontri il fondamento del provvedimento disciplinare irrogato alla lavoratrice, il Giudice accoglieva totalmente la domanda e ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro precedentemente occupato, condannando l'ENEA al pagamento di tutte le retribuzioni medio tempore maturate, dalla data del recesso sino a quella della effettiva reintegrazione.
Con le ordinanze del 22.06.2017, il Tribunale di Latina, Sezione Lavoro pronunciandosi sui ricorsi avverso i licenziamenti collettivi intimati da Aviointeriors S.p.A. nel 2014, ha condannato la Società alla reintegra nel posto di lavoro, nonché al pagamento della massima indennità risarcitoria (12 mensilità), per altri due lavoratori. Il giudice, infatti, ha ravvisato, anche in questi casi, la violazione dei criteri utilizzati per selezionare il personale da collocare in mobilità e ha annullato i licenziamenti. ...
Massimiliano Nardi sarà reintegrato nel proprio posto di lavoro alla Aviointeriors, con il massimo di risarcimento previsto dalla legge pari a dodici mensilità. Lo ha deciso il giudice del lavoro del Tribunale di Latina, Sara Foderaro, che ha accolto il ricorso presentato dall'avvocato Salvagni (Fiom Cgil) dopo più di due anni dal “licenziamento illegittimo”.
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