Articolo di Michelangelo Salvagni
Pubblicato in Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, n. 1/2017
CASSAZIONE, 20.09.2016, n. 18418 - Pres. Bronzini, Est. Balestrieri, P.M. Celentano (conf.) – P.I. S.r.l. (avv.ti Amorese, Corvino) c. Z. M. (avv. Arena).
Conf. C. Appello Brescia, 12.05.15
Licenziamento individuale – Licenziamento disciplinare – Uso di espressioni non educate - Fatto sussistente – Qualificazione di illecito - Irrilevanza disciplinare della condotta – Fatto privo del requisito dell’antigiuridicità - Illegittimità del recesso – Reintegra.
L’assenza di illiceità di un fatto materiale pur sussistente, deve essere ricondotto all’ipotesi, che prevede la reintegra nel posto di lavoro, dell’insussistenza del fatto contestato, mentre la minore o maggiore gravità (o lievità) del fatto contestato e ritenuto sussistente, implicando un giudizio di proporzionalità, non consente l’applicazione della tutela cd. Reale. (1)
Il licenziamento disciplinare e la tutela reintegratoria “a maglie larghe”: l’irrilevanza giuridica del fatto equivale alla insussistenza della condotta.
Il caso di specie concerne un licenziamento disciplinare irrogato a causa di una serie di condotte poste in essere del lavoratore: un comportamento maleducato e offensivo nei confronti del personale che aveva il compito di formare; il rifiuto di procedere alla negoziazione del superminimo; l’aver rivendicato nei confronti dell'azienda un demansionamento.
La Corte di Appello di Brescia ha ritenuto provata la prima circostanza, ossia il comportamento non educato nei confronti di altri soggetti, valutandola tuttavia irrilevante, al pari delle altre due presunte mancanze, in ragione della manifesta insussistenza di illiceità o antigiuridicità dei comportamenti. I giudici di appello hanno altresì osservato che le condotte oggetto di contestazione erano punite dal c.c.n.l di settore con la sola sanzione conservativa.
La società ha proposto ricorso in Cassazione assumendo che nella cognizione di merito fosse stato provato l’addebito censurato al lavoratore, ciò comportando quale conseguenza la sola tutela risarcitoria di cui all’art. 18, comma 5, e non già quella reintegratoria.
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Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
Il Tribunale di Latina, pronunciandosi sui ricorsi avverso i licenziamenti collettivi intimati da Aviointeriors S.p.A. nel 2014, ha condannato la Società alla reintegra nel posto di lavoro di tutti i ricorrenti, nonché al pagamento della massima indennità risarcitoria (12 mensilità). Il giudice, infatti, ha ravvisato la violazione dei criteri utilizzati per selezionare il personale da collocare in mobilità e ha annullato i licenziamenti.
La procedura di licenziamento collettivo si fonda sulla rigorosa applicazione di criteri di scelta che devono essere correttamente utilizzati per individuare i lavoratori da porre al di fuori del perimetro aziendale; nel caso di specie, la Società ha utilizzato i criteri di scelta legali e ha quindi fatto riferimento ai “carichi di famiglia, all’anzianità e alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative”, attribuendo un punteggio per ognuno dei citati criteri, la cui somma corrisponde al punteggio totale di ogni lavoratore e ne determina la posizione in lista. I ricorrenti, contestando la corretta applicazione dei criteri legali, hanno dimostrato in giudizio che avrebbero dovuto vedersi assegnare un punteggio diverso da quello riportato nella comunicazione conclusiva. L’attribuzione dei punteggi, come è emerso nel corso del contenzioso, è stata determinata dall’erronea considerazione sia dell’anzianità che delle esigenze tecnico-produttive, essendo i ricorrenti più anziani di quanto considerato e, soprattutto, essendo essi idonei ad espletare mansioni in altri reparti (almeno 5 diversi reparti). Pertanto, il Giudice ha ritenuto che il punteggio totale che avrebbero dovuto avere i lavoratori licenziati risultava molto più alto di quello attribuito dalla Aviointeriors e, quindi, idoneo ad evitare il licenziamento dei ricorrenti. La Società, di contro, non è riuscita a dimostrare la correttezza dell’applicazione dei criteri di scelta in merito all’anzianità o alle esigenze tecnico-produttive.
Secondo il Tribunale di Latina, che accoglie totalmente la domanda dei ricorrenti, la società avrebbe dovuto confrontare i lavoratori licenziati sull’intero complesso aziendale e quindi su tutti i reparti dell’azienda.
Alla luce di tali evidenze, il Tribunale ha reintegrato i lavoratori condannando la società al pagamento di 12 mensilità.
Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
Con provvedimento n. 36466/2017 del 11.04.2017 il Tribunale di Roma ha dichiarato illegittimo il licenziamento disciplinare intimato a un lavoratore dipendente di ATAC S.p.A., condannando l’azienda a reintegrarlo nel posto di lavoro e al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno. Il caso sottoposto al vaglio della magistratura tratta la vicenda di un dipendente a cui la Società ATAC S.p.A., al termine di un procedimento disciplinare, ha intimato il licenziamento in tronco. Le contestazioni disciplinari mosse da ATAC S.p.A. erano incentrate sulla violazione del codice etico e sullo svolgimento di una seconda attività lavorativa concorrenziale (asseritamente non autorizzata dalla Società) mentre il lavoratore fruiva di un periodo di aspettativa non retribuita; secondo il Tribunale, nessuna delle due violazioni sussiste dal momento che l’attività asseritamente concorrenziale tenuta dal lavoratore si era indirizzata nei confronti di una società diversa da quella effettivamente concorrente di ATAC S.p.A.
Nella lettera di licenziamento la Società ha posto a fondamento del recesso un comportamento del dipendente consistente in reiterate inadempienze nello svolgimento delle proprie mansioni di Direttore esecutivo espletate per la società in cui stava lavorando nel periodo di aspettativa; dalla documentazione prodotta in giudizio da ATAC S.p.A. e grazie soprattutto a quanto allegato nel ricorso dalla parte ricorrente, non è emersa nessuna prova circa l’effettiva sussistenza degli inadempimenti contestati. Pertanto, secondo il Giudice, il datore di lavoro non ha assolto all’onere della prova che grava sullo stesso circa la presenza di una giusta causa di licenziamento. Infatti, in base all’attuale nuovo testo dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, come modificato dalla legge n. 92/2012, per i datori di lavoro che occupino più di 15 dipendenti, se si realizza l’insussistenza del fatto posto alla base del recesso, ovvero se il fatto stesso è sanzionabile alla stregua del CCNL solo attraverso una misura conservativa, trova applicazione la tutela massima della reintegrazione nel posto di lavoro, oltre il pagamento di una indennità risarcitoria. Nel caso di specie, infatti, non è emerso che il lavoratore durante l’aspettativa non retribuita, mentre lavorava per la nuova società, abbia espletato mansioni di concorrenza ad ATAC.
Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
Con quattro ordinanze depositate in data 26.04.2017 il Tribunale Ordinario di Civitavecchia, sezione lavoro, ha annullato il licenziamento Impugnato da quattro lavoratori Assistenti di Volo condannando la Società Alitalia a reintegrarli nel posto di lavoro e a corrispondere agli stessi un indennizzo economico. La fattispecie concreta oggetto di contenzioso riguardava l’accertamento della violazione dei criteri di scelta nella procedura di licenziamento collettivo, apertasi nell’ottobre 2014, che ha riguardato circa 2000 lavoratori dipendenti dell’allora Alitalia CAI S.p.A.
Si domandava al Tribunale, previa declaratoria di nullità e/o illegittimità e/o inefficacia del licenziamento, la condanna alla reintegra dei Lavoratori e al pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 18 della L. 300/1970; l’accoglimento è totale.
In ossequio all’indirizzo consolidato della Cassazione, il Giudice ha affermato che nel licenziamento collettivo e nel collocamento in mobilità è il datore di lavoro a dover indicare compiutamente i criteri e le modalità della sua scelta; secondo il Tribunale di Civitavecchia, infatti, grava sul datore di lavoro l’onere di allegazione dei criteri di scelta e la prova della loro piena applicazione individuale nei confronti dei lavoratori licenziati, mentre grava sul lavoratore l’onere di dimostrare che la scelta in concreto operata dal datore di lavoro non ha in realtà fatto applicazione di quei criteri, allegando l’indicazione dei lavoratori in relazione ai quali la scelta è stata illegittimamente applicata.
In base a tale principio, il provvedimento giudiziario ha osservato come la convenuta, a differenza dei ricorrenti, non abbia provveduto ad adempiere all’onere della prova circa il fatto contestato, ossia la maggiore anzianità dei ricorrenti rispetto ad altri lavoratori non soggetti a recesso datoriale. Infatti, nel caso di specie la convenuta si era limitata a produrre in giudizio un documento non idoneo a dimostrare il rispetto dei criteri di scelta ne lo aveva dimostrato a seguito della prova testimoniale.
Pertanto, il Tribunale di Civitavecchia, in assenza di idonea prova documentale e/o testimoniale, ha stabilito che l’onere della prova da parte datoriale non era stato adempiuto, determinando l’accertamento della violazione del criterio di scelta concordato e l’assunto per cui se tale criterio fosse stato applicato correttamente i ricorrenti non avrebbero dovuto essere licenziati stante la loro maggiore anzianità rispetto a quella convenzionalmente e illegittimamente assegnata da Alitalia ai fini di giustificare il loro licenziamento.
Il Tribunale di Civitavecchia ha condannato l’Alitalia a reintegrare in servizio i quattro lavoratori secondo i suesposti principi.