Articolo di Michelangelo Salvagni
Pubblicato in Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, n.4/2016
TRIBUNALE DI ROMA, 24.6.2016 - Est. Leone - C.N.B (avv.ti Crescenzio, Bernardi) c. Settembrini S.p.A. e M.L. (avv. Rinaldi).
Licenziamento individuale – Contratto di lavoro a tutele crescenti – Sanzioni disciplinari – Licenziamento disciplinare - Consumazione potere disciplinare – Natura ritorsiva del recesso - Motivo illecito determinante – Nullità - Sussistenza - Reintegrazione.
Il licenziamento disciplinare dev’essere considerato ritorsivo quando l’ordine temporale tra i provvedimenti e i comportamenti del dipendente è tale che tra la sospensione dal servizio e il licenziamento non è stato svolto alcun giorno di lavoro effettivo e, quindi, non può essersi realizzato, neppure in ipotesi, alcun comportamento da parte del dipendente (assente) se non la sola impugnativa delle sanzioni innanzi all’Organo arbitrale. Tale unico circostanza di fatto, in assenza di diverse indicazioni da parte del datore di lavoro, comprova che la scelta di quest’ultimo che determina il recesso risulta connotata dal chiaro e unico intento ritorsivo, quale risposta all’impugnativa delle precedenti sanzioni il cui potere disciplinare si era peraltro già consumato con la irrogazione delle stesse. (1)
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Sentenza pubblicata su Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, n. 2/2017
Ordinanza Tribunale Latina, 27 settembre 2016
Al Tribunale di Latina vincono i lavoratori e i loro diritti.
La Sapa (ex ALCOA) di Fossanova, importantissima azienda siderurgica del territorio sud pontino, a luglio del 2014, a seguito di una procedura di mobilità, licenziava tutti i dipendenti di tale sede (ossia 136 lavoratori). Il 27 settembre 2016 il Tribunale di Latina ha accolto i primi ricorsi presentati da alcuni lavoratori appartenenti all’organizzazione sindacale CGIL – FIOM, tutti rappresentati in giudizio dall’avvocato Michelangelo Salvagni, reintegrandoli nel posto di lavoro ai sensi dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e condannando la società a corrispondere ai medesimi un risarcimento del danno pari a 12 mensilità (misura massima prevista per legge).
La controversia prende le mosse da una procedura di mobilità, apertasi e conclusasi nell’anno 2014 causa “forti perdite economiche”, allorché la Sapa comunicava la chiusura dello stabilimento di Fossanova e il licenziamento di tutti i 136 dipendenti che ivi prestavano servizio.
Il giudice invece, accogliendo la tesi dei lavoratori, ha dichiarato l'illegittimità della procedura di mobilità poiché il criterio di scelta indicato dalla Sapa è risultato del tutto falso. Il Tribunale di Latina, infatti, ha osservato sul punto che a fronte della sussistenza di 136 dipendenti effettivamente in organico presso la sede di Fossanova, i destinatari del provvedimento di recesso collettivo erano solo 130. Quindi, ben 6 lavoratori che espletavano la loro attività presso la sede di Fossanova non risultavano destinatari di alcun provvedimento di licenziamento. Il magistrato ha accertato al riguardo che questi 6 lavoratori erano stati ricollocati presso lo stabilimento di Atessa, in Abruzzo, facente parte del gruppo societario Sapa, nonostante “sulla carta” facessero parte dei 136 lavoratori che prestavano servizio nello stabilimento di Fossanova. Da qui l'illegittimità del criterio di scelta adottato dalla società al fine di giustificare il licenziamento collettivo, giudicato tutt'altro che oggettivo e veritiero, con conseguente riconoscimento per i lavoratori ricorrenti della tutela reintegratoria piena ex art. 18 Legge n. 300/70.
Per una migliore comprensione della vicenda, si segnalano i seguenti articoli pubblicati on line:
Articolo di Michelangelo Salvagni
Pubblicato Lavoro e Previdenza Oggi, n.9/10 2016
Tribunale di Roma, Sez. IV Lav., ordinanza 4 aprile 2016 – Giud. Marrocco – P. S. (Avv. Marongiu) c. T. S.r.l. (contumace)*
Rapporto di lavoro – Contratto di lavoro a tutele crescenti – Sanzioni e contestazioni disciplinari – Licenziamento disciplinare – Natura discriminatoria o ritorsiva del recesso – Ripartizione onere della prova - Nullità del licenziamento – Esclusione – Insussistenza del fatto materiale contestato – Sussistenza – Reintegrazione.
Il licenziamento discriminatorio si può ritenere dimostrato se risulti dagli elementi di causa la sussistenza del c.d. fattore rischio e del dato oggettivo che dia conto del fatto che il lavoratore, proprio a causa delle sue condizioni e delle sue scelte, sia stato trattato in maniera differente rispetto a un altro soggetto in analoga situazione e ciò a prescindere dalla motivazione addotta e dall'intenzione di chi ha adottato il provvedimento discriminatorio. Il recesso per motivo illecito ex art. 1345 c.c., invece, ricorre ove la condotta datoriale sia stata determinata esclusivamente da un intento contra legem e, quindi, nel caso in cui vi sia stata da parte di quest’ultimo una reazione abnorme rispetto ad una condotta lecita del prestatore.
Esclusa la natura discriminatoria e comunque illecita del licenziamento e quindi gli effetti sanzionatori della nullità del recesso, lo stesso può ritenersi illegittimo ai sensi dell’art. 3, co. 2, del D.Lgs. n. 23/2015, quando sia dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, con conseguente annullamento del licenziamento e reintegra nel posto di lavoro.
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Articolo di Michelangelo Salvagni
Pubblicato in Lavoro e Previdenza Oggi, n. 5-6/2016
Sulla natura disciplinare del licenziamento per scarso rendimento in caso di notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore
Tribunale di Roma, ordinanza 24 dicembre 2015 – Est. Buconi – G. M. (Avv. C. de Marchis e V. Piresti) c. A. F. S.r.l.*
Licenziamento individuale – Assenze per malattia discontinue e irregolari – Scarso rendimento – Presupposti – Inutilizzabilità della prestazione – Carattere disciplinare del recesso - Necessità di colpa – Insussistenza – Reintegra
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