LICENZIAMENTO DISCIPLINARE E ABUSO DEI PERMESSI L. 104/92: IL TEMPO DELL’ASSISTENZA AL DISABILE NON SI MISURA CON IL CRONOMETRO

Errata corrige 06 NOV 2024

Articolo di Michelangelo Salvagni.

pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 6 novembre 2024,


Condivido questo articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano on-line sulla delicata questione dei licenziamenti disciplinari intimati a causa dell’uso improprio dei permessi ex art. 33, l. n. 104 del 1992.

Ho tentato di ricostruire i vari orientamenti della Corte di Cassazione che si sono succeduti nel tempo su tale fattispecie, evidenziando come la giurisprudenza di legittimità valuti, da sempre, in maniera rigorosa, quelle condotte del caregiver che utilizza tali benefici per finalità diverse da quelle della cura del disabile (c.d.abuso del diritto). ...

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IL LICENZIAMENTO DEL LAVORATORE DISABILE PER SUPERAMENTO DEL COMPORTO NELLA INTERPRETAZIONE DELLA CASSAZIONE: LA CONOSCENZA DEL FATTORE RISCHIO E “L’ONERE BIFRONTE” A CARICO DELLE PARTI PER APPLICARE L’ACCOMODAMENTO RAGIONEVOLE

Errata corrige 4 Nov 2024

Articolo di Michelangelo Salvagni.

pubblicato il 02/22/2024 su Rivista Labor.

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Segnalo la mia ultima pubblicazione sulla Rivista Labor dove analizzo la fattispecie del licenziamento discriminatorio del lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto.In particolar modo, ho tentato di ricostruire lo "stato dell'arte" degli orientamenti della Corte di Cassazione inaugurati con  prima pronuncia su questa materia, ossia la n. 9095 del 31 marzo 2023.

Successivamente, dopo il secondo arresto n. 35747 del 21 dicembre 2023, l'indirizzo di legittimità si è consolidato in ragione delle seguenti decisioni: Cass. 2 maggio 2024, n.11731; Cass. del 22 maggio 2024, n. 14316; Cass. 23 maggio 2024, n. 14402; Cass. 31 maggio 2024, n. 1582 e, da ultimo, Cass. 5 giugno 2024, n. 15723. 

Di rilievo, nelle ordinanze di maggio in commento, è il passaggio che affronta la querelle che si era sviluppata tra gli interpreti  sul tema della conoscenza della disabilità, quale eventuale "scriminante" nella condotta di tipo discriminatoria da parte del datore.

Emerge così dall'interpretazione della Suprema Corte una sorte di "onere bifronte", ossia uno stretto collegamento funzionale tra l’onere del datore di lavoro di acquisire informazioni e quello di cooperazione del lavoratore al fine di adottare l’accomodamento ragionevole.

 #licenziamento #comporto #disabile #discriminazione

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LICENZIAMENTI NELLA STAGIONE BREVE DELLE RIFORME.CONVERSAZIONI SUL LAVORO A SAN CERBONE 8,9 E 10 NOVEMBRE 2024

Errata corrige 03 NOV 2024

Nelle giornate dell'8,9 e 10 novembre 2024 presso il Convento di San Cerbone a Lucca, si terrà il Convegno sul tema “I LICENZIAMENTI nella stagione breve delle riforme. Principi, fattispecie, regole, tutele nel dialogo tra la dottrina e la giurisprudenza".

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In particolare, nella giornata di sabato 9 novembre verrà trattato il tema “Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di tipo “economico”, ove ne discuteranno la dott.ssa Milena d’Oriano e il Prof. Marco Marazza, coordinati dalla Prof.ssa Maria Teresa Carinci.

Nell’ambito di tale incontro, segnalo la mia partecipazione con un intervento programmato sulla questione “Ius variandi ex art. 2103 cc post Job Act e l’effetto boomerang in tema di obbligo di repêchage”, ove tenterò di evidenziare quali siano state le conseguenze, a parere di chi scrive “inaspettate”, della riforma dell’art. 2103 c.c. sull’obbligo di repêchage nel caso di licenziamento per gmo.
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TELECOM CONDANNATA DALLA CORTE DI APPELLO A PAGARE ALTRI € 250.MILA PER AVER DEMANSIONATO UN LAVORATORE INQUADRATO NEL LIVELLO 7° QUADRO E A PAGARE IL VALORE BENEFIT AUTO QUALE RETRIBUZIONE IN NATURA PER REVOCA AUTO AZIENDALE AD SUO PROMISCUO.

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni

La Corte di appello di Roma, con sentenza del 20.05.2024, rigettando l’appello proposto dalla società, ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma che aveva accertato l'illegittimo demansionamento subito da un lavoratore inquadrato nel livello 7° Quadro e statuito che le mansioni  svolte in distacco presso altra società (la Loquendo) erano da ricondursi a quelle di Venditore e, come tali, riferibili all’inferiore 5° livello del CCNL Telecomunicazioni, mentre quelle di Store Fix Specialist, svolte successivamente, erano addirittura riferibili all’inferiore di 4° livello del CCNL applicato.

La Corte di appello, inoltre, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal lavoratore, ha condannato la società alla corresponsione di ulteriori (rispetto ai 170.000 liquidati dal giudice di primo grado) 250.000 euro a titolo di danno alla professionalità (in considerazione della notevole durata della dequalificazione professionale - dal 2017 - e della gravità del demansionamento). In tal modo, il danno professionale liquidato corrisponde all’80% della retribuzione per ciascun mese per tutto il periodo dell’accertato demansionamento.

I giudici del secondo grado, infine, sempre in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal lavoratore, hanno riconosciuto l’assegnazione di un’auto aziendale concessa ad uso promiscuo quale retribuzione in natura corrisposta mediante il conferimento in favore del lavoratore di beni e/o servizi, comunemente denominati "fringe benefit”.   

Ed infatti, a seguito della revoca dell’auto aziendale, il lavoratore aveva adito il Tribunale di Roma per richiedere il riconoscimento della natura retributiva della stessa e il conseguente pagamento delle retribuzioni per equivalente in ragione della mancata fruizione del benefit, trattandosi di retribuzione irriducibile ex art. 2103 e 2099 c.c., ormai entrata a far parte del patrimonio del lavoratore.          

La Corte di appello di Roma, per quanto attiene all’attribuzione dell’auto aziendale per “uso promiscuo” con inserimento in busta paga dell’elemento figurativo del valore convenzionale dell’auto, ha ritenuto che tale concessione, trattandosi di “fringe benefits”, assume valore di retribuzione in natura, cui si applica il principio di irriducibilità della retribuzione.

Pertanto, secondo il giudice, il datore può revocare l’utilizzo dell’auto, ma solo a condizione di mantenere lo stesso livello retributivo del dipendente, trattandosi di retribuzione irriducibile, connessa all’uso promiscuo dell’auto.

La società, pertanto, è stata condannata al pagamento di una somma avente natura retributiva, quale controvalore economico del benefit revocato, nonché del controvalore del costo carburante.  

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