Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 5390/2016, pubblicata il 16.12.2016, ha accertato che un dipendente Telecom, inquadrato formalmente nel livello IV del CCNL, durante il rapporto di lavoro aveva invece svolto mansioni superiori riferibili al V livello, condannando così la società al pagamento di tutte le differenze retributive per il passato e riconoscendo, peraltro, il diritto all’inquadramento nel V livello. La Corte d’Appello di Roma ha inoltre accertato che il lavoratore, successivamente al periodo in cui aveva svolto mansioni superiori, era stato illegittimamente trasferito ad altra sede di lavoro e, poi, adibito a mansioni inferiori non riferibili al livello di inquadramento né alla pregressa attività lavorativa. I giudici hanno quantificato il danno alla professionalità liquidandolo in misura pari al 60% della retribuzione mensile per tutto il periodo di dequalificazione, ossia 6 anni.
La vicenda, quindi, si sviluppa su due differenti periodi lavorativi del dipendente: il primo, precedente all’illegittimo trasferimento di sede, in cui egli ha svolto mansioni riferibili ad un livello contrattuale superiore a quello formalmente attribuito nel contratto (era, infatti, inquadrato nel IV, ma le mansioni erano di V) e, il secondo, successivo all’illegittimo trasferimento (giugno 2010), in cui il dipendente ha subito un grave demansionamento professionale ampiamente dimostrato nel giudizio e conseguentemente riconosciuto dai giudici della Corte d’Appello.
Riguardo il riconoscimento del V livello, la Corte d’Appello di Roma ha considerato le prove testimoniali non soltanto molto attendibili, ma anche sufficientemente descrittive dell’attività del lavoratore così come da declaratoria del CCNL. In merito al demansionamento, dal giugno 2010 in poi, i giudici hanno accertato come le nuove mansioni svolte, poche peraltro, fossero semplice attività di data-entry, gestibile in circa due ore giornaliere, determinanti una forzosa inattività per la maggior parte della giornata lavorativa.
Discorso a parte merita invece la dichiarazione di illegittimità del trasferimento; ancora una volta, come da consolidata giurisprudenza, è stato ribadito dai giudici il principio per cui due sedi diverse site nel medesimo comprensorio non costituiscono un’unica sede di lavoro (o unità produttiva) solo perché rientranti nello stesso comune, come invece erroneamente sostenuto da Telecom nel corso dei giudizi. Pertanto, considerando quando esposto, la Corte d’Appello ha riconosciuto al dipendente un risarcimento del danno in misura della gravità del demansionamento professionale subito, ammettendo, peraltro, la consulenza tecnica d’ufficio (demandando la questione ad un medico legale) al fine di accertare anche il danno biologico subito dal lavoratore.