Call Center: COMDATA perde causa, lavoratori reintegrati e con art.18

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ADNKronos e CSDN Roma

Cambio appalto nei call center: i dipendenti che rifiutano di essere ceduti al subentrante possono legittimamente impugnare il recesso e ottenere la reintegra con il cedente ex art. 18 della L. 300/70. E' quanto emerge dalla ordinanza del Tribunale di Roma che ha visto lo studio Salvagni vincere le cause contro il gruppo del settore Comdata, con il reintegro dei lavoratori interessati in servizio.


Un’ordinanza che potrebbe rappresentare una 'svolta' giurisprudenziale nel settore, secondo lo studio legale capitolino. "La società Comdata S.p.A., nota azienda che si occupa di servizi call center e che vanta alle proprie dipendenze circa 7000 lavoratori, con un'operazione del tutto illegittima e, utilizzando in modo anomalo la cd clausola sociale in materia di cambio appalto, ha cercato di 'cedere' i propri dipendenti addetti alla commessa Ald (ben 56) ad una società subentrante, neocostituita ed avente un capitale sociale di appena 10 mila euro!", racconta in un'intervista ad Adnkronos/Labitalia l'avvocato Michelangelo Salvagni che ha patrocinato i lavoratori che hanno fatto ricorso al giudice del lavoro del tribunale capitolino.
 
"Per timore di perdere il posto di lavoro, purtroppo, molti dipendenti della commessa Ald di Comdata (40 lavoratori), anche in ragione del fatto che non vi erano precedenti giurisprudenziali in materia, si sono visti costretti ad accettare il "passaggio" alla società subentrante, con perdita di diritti e tutele, come l'anzianità di servizio e la stabilità reale ex art. 18, rinunciando all'aspettativa di restare in una società solida con maggiori garanzie occupazionali", sottolinea Salvagni.
 
Secondo Salvagni, che ha patrocinato le cause dei dipendenti Comdata che si sono rifiutati di passare alle dipendenze della società subentrante e, quindi, illegittimamente licenziati, "l'ordinanza del Tribunale di Roma ristabilisce i diritti dei lavoratori dei call center e restituisce loro dignità e rappresenta un monito per le aziende che in futuro cercheranno di applicare in modo distorto lo strumento della clausola sociale, tentando di "liberarsi” senza costi dei propri lavoratori".
 
Il Tribunale di Roma, spiega Salvagni, "correttamente, ha ritenuto non potersi applicare nella vicenda in esame la clausola sociale affermando che: 'tale disposizione non possa interpretarsi nel senso, prospettato dalla convenuta, di una successione ex lege, automatica, del contratto di lavoro in essere. La successione ex lege, determinando una prosecuzione del rapporto di lavoro, comporta ex sè il mantenimento dell’anzianità pregressa e dei diritti che derivano dal contratto, come correttamente affermato dalla difesa dei ricorrenti”; afferma ancora sul punto il giudice che “la clausola sociale - attuazione del disposto normativo richiamato - va interpretata come maggior tutela concessa ai lavoratori interessati da un cambio di appalto, e non come esonero dell'imprenditore dal rischio di impresa'".


Salvagni quindi sottolinea che "il giudice del lavoro, pertanto, ha dichiarato illegittimo il licenziamento collettivo intimato ai lavoratori che si erano rifiutati di passare alle dipendenze della società subentrante e ha disposto in loro favore la reintegra in servizio, oltre ad un risarcimento pari a 10 mensilità di retribuzione globale di fatto".