LA CORTE DI CASSAZIONE CONFERMA IL DEMANSIONAMENTO E CONDANNA POSTE ITALIANE S.P.A. A RISARCIRE IL DANNO SUBITO DA UNA LAVORATRICE

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni

Sentenza segnalata su WikiLabour.it:

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Nell’ambito di un giudizio promosso da una lavoratrice assistita dall’Avv. Salvagni e volto ad accertare l’intervenuto demansionamento professionale subito da quest’ultima tra il mese di luglio 2007 e quello di marzo 2010, la Corte d’Appello di Roma, nel confermare l’accoglimento della relativa domanda, aveva condannato Poste Italiane S.p.a. a risarcire il relativo danno alla professionalità. 

Al riguardo, la Corte territoriale osservava che la lavoratrice, inquadrata nell'Area Funzionale Operativa livello del CCNL di settore, era stata, invece, assegnata a posizione comportante l'esercizio di mansioni manuali, di mero riordino e sistemazione di materiale secondo procedure standardizzate, oltre che di supporto al personale di sportello, in evidente violazione delle prescrizioni di cui all’art. 2103 c.c. 

Avverso tale decisione, la società soccombente proponeva ricorso per cassazione, deducendo, tra gli altri, l’intervenuta acquiescenza o, comunque, la tacita accettazione della lavoratrice all’adibizione a mansioni inferiori, avendo la stessa lasciato trascorrere un lasso di tempo eccessivamente lungo (oltre un anno e mezzo) prima di lamentare l’inadempimento datoriale e mettere in mora la società.

Con ordinanza n. 16594 del 3 agosto 2020, la Corte di cassazione, nel rigettare il ricorso proposto da Poste Italiane S.p.a., ha ribadito che l’acquiescenza tacita è configurabile solo in presenza di un comportamento che appaia inequivocabilmente incompatibile con la volontà del soggetto d’impugnare il provvedimento medesimo.

A tal fine – aggiunge la Corte – non è sufficiente un atteggiamento di mera tolleranza contingente e neppure il compimento di atti resi necessari o opportuni: tale principio – come sostenuto dall’Avv. Salvagni con le difese articolate innanzi alla Corte di legittimità – vale tanto più nell’ambito del rapporto di lavoro che, caratterizzato dallo squilibrio del potere contrattuale ed economico delle parti, impone al lavoratore di adempiere gli ordini di servizio impartiti dal datore di lavoro, pena, altrimenti il rischio di incorrere in conseguenze di natura disciplinare.

Tanto premesso, la Corte di cassazione ha escluso che, nel caso di specie, potesse ravvisarsi una corresponsabilità della lavoratrice nella causazione del danno per il solo fatto di aver continuato a svolgere, per tre anni, mansioni di natura inferiore e, nel disattendere la tesi difensiva della società, ha confermato la pronuncia di merito che condannava Poste Italiane S.p.a a risarcire integralmente (e non solo parzialmente) il danno subito.