STAMPA ROMA (GIÀ MESSAGGERO) CONDANNATA A RISARCIRE IL DANNO MORALE E PROFESSIONALE PER OLTRE 30 MILA EURO: LA CORTE D’APPELLO DI ROMA CONFERMA L’ILLEGITTIMITÀ DEL TRASFERIMENTO E DELLA DEQUALIFICAZIONE.

Errata corrige 05 Aprile 2022

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni.

Commento alla sentenza Corte Appello Roma, del 21.2.2022, est Di Sario, patrocinata dallo Studio Legale Salvagni, a cura dell’avv . Elisabetta Masi.

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Con sentenza del 23 febbraio 2022, n. 189, la Corte d’appello di Roma, nel rigettare l’appello proposto dalla società Stampa Roma, ha confermato la sentenza del 23 gennaio 2019, n. 639, con cui il Tribunale capitolino aveva riconosciuto la nullità del trasferimento di un lavoratore (assistito dallo Studio Legale Salvagni) e della relativa assegnazione a mansioni inferiori, con condanna del datore di lavoro a risarcire il danno morale e il danno professionale subito e quantificato sino alla sentenza.

La Corte territoriale, infatti, aderendo alla tesi prospettata dallo Studio Salvagni, ha disatteso le censure articolate dalla società in sede di gravame e ha ritenuto illegittimo il trasferimento unilateralmente disposto nei confronti del dipendente in ragione dell’asserita riorganizzazione aziendale addotta a fondamento di tale provvedimento; in particolare, la Corte ha rilevato l’omessa dimostrazione, da parte della società, delle ragioni tecnico-organizzative richieste dall’art. 2103 c.c. relative alla sede di provenienza del lavoratore.

Inoltre, nel rilevare un ulteriore profilo di illegittimità del trasferimento impugnato e inficiante lo stesso criterio adottato dalla società nella scelta del personale da trasferire, il Collegio ha aggiunto che: «la datrice di lavoro non si è limitata a coprire un posto rimasto scoperto nella sede di destinazione, ma ha operato tale copertura mediante il grave demansionamento dell’appellato […] Le ragioni tecnico, organizzative e produttive che legittimano ex art. 2103 c.c. il trasferimento di un lavoratore devono essere prima ancora che comprovate, legittime, ma nella specie difetta proprio questo secondo imprescindibile requisito».

In tal senso, la Corte d’appello di Roma ha altresì confermato l’accertamento della dequalificazione professionale subita dal lavoratore a seguito del trasferimento.

In particolare, la Corte ha ritenuto l’illegittimità dell’adibizione del lavoratore allo svolgimento di mansioni di addetto alle spedizioni, in quanto inferiori rispetto a quelle di infografico e impaginatore precedentemente espletate e in alcun modo riconducibili all’8° livello posseduto.

Il Collegio ha rigettato finanche la censura avente ad oggetto la condanna della società al risarcimento del danno professionale, il quale era stato originariamente liquidato non già con riferimento al periodo limitato al deposito del ricorso, bensì sino alla pronuncia della sentenza di primo grado, con integrale ristoro del pregiudizio subito durante l’intero periodo di dequalificazione professionale del lavoratore (di oltre tre anni). In tal senso, il Collegio ha aderito all’interpretazione della giurisprudenza di Cassazione (cfr. Cass. n. 31558/2021) secondo cui la violazione dell’art. 2103 c.c. deve qualificarsi come illecito permanente, sicché il protrarsi dello stesso è addebitabile esclusivamente al datore di lavoro che ben poteva far cessare la condotta contra ius.

In ultimo, i giudici di appello hanno anche confermato il risarcimento del danno professionale e morale, condannando la società resistente al pagamento, in favore del lavoratore, di una somma complessiva pari ad € 30.000,00.