IKEA PERDE IL SECONDO RECLAMO: IL TRIBUNALE CONFERMA L’ILLEGITTIMITÀ DEL TRASFERIMENTO DISPOSTO ANCHE IN VIOLAZIONE DELLA L. N. 104/1992

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni

Con ordinanza del 24 settembre 2019, il Tribunale di Roma, in composizione collegiale, ha rigettato il reclamo proposto da Ikea avverso la prima ordinanza con cui il giudice del lavoro aveva accolto il ricorso promosso da un lavoratore che, padre di due bambini e fruitore dei permessi ex L. n. 104 per assistere il padre malato, era stato trasferito dalla sede romana a quella di Bologna.

Si tratta della quarta vittoria conseguita dallo studio legale Salvagni, il quale ha assistito diversi lavoratori, sostenendo l’illegittimità (se non la pretestuosità) della selezione espletata lo scorso agosto da Ikea al fine di individuare le figure professionali inidonee ad accompagnare l’azienda nel processo di riorganizzazione denominato “Innovation for Growth” che ha interessato gli stores romani.

A riguardo, il collegio capitolino ha confermato la tesi difensiva seguita dall’Avv. Salvagni e ha rilevato la contrarietà ai canoni di correttezza e buona fede della condotta aziendale, la quale si è assestata al limite dell’arbitrio: infatti – scrive il Tribunale – “la società, pure sfidata a farlo, e che pure ha fatto fare delle prove scritte, non ha ritenuto di produrre neppure un documento o una evidenza obiettiva atta a dare evidenza della pretesa “imparzialità” della selezione” espletata che, dunque, viene descritta come “del tutto intrasparente e rispetto alla quale non si offre alcun concreto elemento che ne smentisca l’assoluta apparente arbitrarietà

Ma v’è di più: infatti, il Tribunale ha rilevato un ulteriore motivo di illegittimità del provvedimento impugnato, il quale è stato diposto nei confronti di un dipendente che, dal novembre 2018, fruiva dei benefici ex L. n. 104/1992 in qualità di caregiver del padre malato: ne deriva che il lavoratore “non poteva essere più trasferito senza il suo consenso [ed era titolare del] il diritto del lavoratore a scegliere la sede più vicina”.

Pertanto, il Tribunale, nel riconoscere la sussistenza dell’imminente pregiudizio per la salute e la vita familiare del lavoratore – trasferito ad oltre 400 Km di distanza, non soltanto dalla moglie e dai figli, ma anche dal padre, bisognoso di assistenza – ha rigettato il reclamo proposto dalla società che, dunque, è stata condannata a disporre l’immediata riammissione in servizio del lavoratore presso la propria sede di appartenenza sita in Roma.