TELECOM E DEMANSIONAMENTO DI UN LAVORATORE DI 5° LIVELLO: LA CORTE DI APPELLO CONDANNA LA SOCIETA’ A RISARCIRE IL DANNO PROFESSIONALE PER L’ADIBIZIONE A MANSIONI DI 2° LIVELLO.

Errata corrige 21 Maggio 2022

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 3.5.2022, in una causa patrocinata sia in primo grado che in secondo grado dallo Studio Legale Salvagni, rigettando l’appello della Società, ha confermato la sentenza di primo grado ove il Tribunale di Roma ha condannato la Telecom Italia S.p.a. al risarcimento del danno per l’illegittimo demansionamento di un lavoratore che, inquadrato nel 5° livello, a partire dal 2012 era invece stato illegittimamente adibito a mansioni riferibili al 2° livello del CCNL applicato.

Il secondo organo giudicante, infatti, rigettando l’appello proposto da Telecom, ha statuito che il lavoratore ha subito un illegittimo demansionamento, essendo adibito dal 2012 a mansioni di mero inserimento dati, corrispondenti al 2° livello del CCNL applicato, e non avendo la Telecom fornito la prova dell’esatto adempimento dell’obbligo scaturente dall’art. 2103 c.c..

I giudici della Corte di Appello, raffrontando le mansioni svolte dal lavoratore dal 2012 con quelle previste dalla declaratoria di 5° livello, ha rilevato come le prime non possano essere in alcun modo rispondenti alle caratteristiche che connotano tale profilo professionale trattandosi, piuttosto, di mansioni rientranti nel 2° livello (attività operative di media complessità, connotate da metodi di lavoro e procedure definite).

I giudici di secondo grado hanno accertato quindi il demansionamento subito dal lavoratore per l’adibizione prolungata a mansioni elementari e ripetitive, gravemente inferiori (di ben tre livelli inferiori rispetto a quelle di appartenenza) e hanno confermato la precedente condanna al risarcimento del danno professionale.

Inoltre, la Corte di Appello ha respinto l’eccezione di prescrizione della Società, rilevando che il danno da demansionamento è un illecito permanente, la cui pretesa risarcitoria si rinnova in relazione al protrarsi dell’evento dannoso, impedendo il decorso della prescrizione fino al momento in cui il comportamento contra ius non sia cessato.