ALD AUTOMOTIVE ITALIA S.R.L.: IL TRIBUNALE DI ROMA DICHIARA ILLECITO L’APPALTO CON COMDATA E CONDANNA ALD A RIASSUMERE IL LAVORATORE.

Errata corrige  19 GIU 2022

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni

La vicenda, patrocinata dallo Studio legale Salvagni, tratta il caso di un lavoratore che ha convenuto in giudizio presso il Tribunale di Roma la società ALD Automotive Italia S.r.l. deducendo l’illegittimità e comunque la non genuinità dell’appalto di manodopera instaurato sin dal 2017, dapprima, con la società appaltatrice Comdata S.p.A., successivamente poi passato alla società ASAP S.r.l., a seguito di un cambio appalto e, attualmente, ancora in essere con la società Covisian S.p.A.

In particolare, il lavoratore deduceva che nonostante fosse stato formalmente dipendente, dapprima, della società Comdata S.p.A. e, poi, di Asap S.r.l. e, al momento, della Covisian S.p.A., dal 2017 ad oggi è stato sempre adibito allo svolgimento di prestazioni relative al contratto di appalto di servizi in favore della ALD Automotive e che, di fatto, si sarebbe trattato di una intermediazione illecita di manodopera in quanto le società appaltatrici (Comdata e Asap in particolare) erano prive della necessaria autonomia organizzativa e del rischio imprenditoriale richiesti per un appalto genuino.

Il punto centrale della controversia si incentra sulla rilevante circostanza che gli appalti erano in realtà sottoposti alla direzione effettiva della società ALD Automotive tramite i propri dipendenti.

La società ALD Automotive, nel costituirsi in giudizio, ha preliminarmente eccepito la decadenza dal diritto di rivendicare l’appalto illecito sostenendo che il lavoratore, pur continuando a lavorare ininterrottamente per il medesimo appalto, tuttavia, nel tempo, attesi i vari cambi appalto, aveva cambiato formale datore lavoro.

Pertanto, secondo l’eccezione della società, il lavoratore ogni volta che veniva a cessare l’appalto con il committente ALD (a seguito appunto dei vari cambi appalto) avrebbe dovuto impugnare l’illecita interposizione entro 60 giorni dalla formale cessazione anche se, in realtà, non vi era stata alcuna interruzione sull’appalto perché il lavoratore continuava sempre a lavorare sulla medesima commessa anche con l’appaltatore subentrante.

Sul punto, la sentenza del Tribunale di Roma risulta molto importante in quanto risulta essere tra i primi provvedimenti di merito che recepisce il recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione, così come prospettato dallo Studio Legale Salvagni, secondo cui la decadenza può essere eccepita al momento della cessazione di un appalto solo ove sia stato intimato al lavoratore un provvedimento di licenziamento da parte dello stesso committente/appaltante. Infatti, solo se vi è un provvedimento da impugnare, ossia un atto di recesso, si può configurare un licenziamento.

Quindi, a parere del giudice romano il cambio di appalto con un nuovo appaltatore non configura automaticamente per il lavoratore una decadenza dal diritto di impugnare l’appalto illecito se non vi è un esplicito atto di recesso che lo estrometta dallo stesso da parte del committente (in tal senso, si veda Cass. 30490 del 28.10.21 e Cass. 40652 del 17.12.21) quando, peraltro, il lavoratore continua a lavorare, come nel caso di specie, ininterrottamente sempre nel medesimo appalto.