Segnalo con piacere una recente pronuncia del Tribunale di Roma del 10 giugno 2024, emessa a seguito di in una causa patrocinata da questo studio in materia di appalto illecito, che conferma, cronologicamente quale secondo arresto, la non genuinità dell’appalto posto in essere dall’ Istituto Bancario, interposizione illecita che infatti era già stata accertato da altra decisione del Tribunale di Roma del 14 gennaio 2024, est. Rossi, intervenuta su analoga controversia patrocinata sempre da questo studio legale (vai all'articolo).
Il Giudice capitolino ha accertato che il rapporto di lavoro, formalmente intercorso tra il lavoratore e la società formale datrice di lavoro, doveva in realtà essere imputato alla Banca in qualità di effettivo datore di lavoro.
Il Tribunale di Roma ha accolto la domanda sia per la mancata produzione in giudizio da parte della società dei contratti di appalto (in continuità con orientamento della corte d’appello di Roma tra cui App. Roma, sentenza n n. 248/2017 e App. Roma, sentenza 885/2921), sia poiché dall’istruttoria è emerso che il lavoratore riceveva disposizioni specifiche, direttive e indicazioni dai referenti della banca.
Altro punto di interesse, consiste nella dichiarazione di nullità dell’atto di rinuncia di rivendicazioni nei confronti dell’Istituto Bancario sottoscritto dal ricorrente con la sua formale datrice di lavoro, in quanto, a differenza di quanto sostenuto come eccezione dalla società, le rinunce del lavoratore formulate nei confronti della Banca, peraltro nemmeno parte della transazione, non erano accompagnate da alcuna concessione da parte di quest’ultima, con la conseguenza della “nullità dell’atto in questione, per mancanza dell’elemento essenziale costituito dalle reciproche concessioni, alla stregua della consolidata giurisprudenza di legittimità”.
Il Tribunale ha quindi dichiarato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il ricorrente e la Banca dall’1.7.2013.
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