TELECOM PERDE ANCHE IN APPELLO LE CAUSE DI APPALTO ILLECITO (c.d. Body Rental): ACCERTAMENTO RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO.

In due differenti giudizi seguiti dallo

Studio Legale Salvagni, la Corte di Appello di Roma, co sentenze dell’8.1.2024 e del 23.1.2024, ha confermato due diverse sentenze del Tribunale di Velletri a parere della quali il rapporto di lavoro, formalmente intercorso tra i lavoratori e le società formali datrici di lavoro (società di consulenza informatica che si limitavano alla mera fornitura di manodopera cd. Body Rental), doveva in realtà essere imputato ad una nota società nazionale di Telecomunicazioni, in qualità di effettivo datore di lavoro.

Nel caso di specie, era stato accertato che i ricorrenti avevano prestato la propria attività lavorativa di natura subordinata, rispettivamente, dal 2014 e dal 2012, svolgendo mansioni di tipo informatico direttamente in favore del committente. I giudici avevano accertato che i responsabili di quest’ultimo avevano impartito direttamente ai ricorrenti specifiche direttive e indicazioni sul lavoro, controllando anche l’esecuzione della loro prestazione lavorativa. In alcun modo, peraltro, era risultata dimostrata la presenza e il coordinamento sul luogo di lavoro da parte dei referenti nominati formalmente dagli appaltatori.

La Corte capitolina, a seguito del gravame, ha affermato:

- che il committente non aveva provato l’esistenza di contratti di appalto (non prodotti in giudizio) tra le formali datrici e la committente, che giustificassero le prestazioni rese in favore di quest’ultima;

- che spettava al committente chiarire a quale titolo il lavoratore aveva reso la prestazione all’interno della società, titolo indispensabile al fine di distinguere tra mera interposizione o somministrazione irregolare dall’appalto e, quindi, verificare la genuinità e liceità di quest’ultimo, non potendo sopperire alla mancata produzione dei contratti di appalto il riferimento alla forma libera;

- che trattandosi di un cd. appalto labour intensive - nel quale la realizzazione del servizio richiede scarso uso di beni materiali e dipende, invece, in maniera decisiva, dalla prestazione del lavoro umano - l’attività oggetto dell’(eventuale) appalto, non era peraltro finalizzata a rendere un servizio distinguibile rispetto all’attività svolta dal committente, poiché le mansioni svolte dal lavoratore erano le medesime espletate dal personale interno della committente.

Alla luce delle risultanze emerse dall’istruttoria, entrambe le decisioni della Corte territoriale hanno dichiarato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, a tempo pieno e indeterminato, ancora in essere, con la Società committente, condannando quest’ultima alla riammissione in servizio dei lavoratori e al pagamento di una indennità pari a 10 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.