COMDATA PERDE TUTTE LE CAUSE DI LICENZIAMENTO PER CAMBIO APPALTO: NON SUSSISTE L'OBBLIGO DI ACCETTARE L'ASSUNZIONE PRESSO IL NUOVO APPALTATORE E IL LAVORATORE PUO’ SEMPRE IMPUGNARE IL RECESSO

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni


Lo studio legale Salvagni ha recentemente vinto in Cassazione un’importante controversia relativa a 6 lavoratori licenziati dalla società Comdata S.p.a. per i quali è stata definitivamente confermata la reintegrazione nel posto di lavoro, reintegra invero immediatamente ottenuta sin dalla prima sentenza del Tribunale di Roma e poi confermata dalla Corte di Appello di Roma.

Il caso riguarda società Comdata S.p.A., nota azienda che si occupa di servizi di call center, che, con un’operazione del tutto illegittima, utilizzando peraltro in modo anomalo la cd clausola sociale in materia di cambio appalto nel contatto telecomunicazioni, ha ceduto i propri dipendenti, addetti alla commessa di altra società ALD Motive (ben 56), ad una società subentrante, neocostituita ed avente un capitale sociale di appena 10 mila euro.

Alcuni lavoratori, assistiti da questo studio legale, che facevano parte di quella commessa, si sono rifiutati di passare alle dipendenze della società subentrante e di sottoscrivere il verbale che era stato loro sottoposto e, quindi, sono stati licenziati.

Secondo la recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 9770 dell’11 aprile 2024 (ottenuta
da questo studio), in caso di successione di appalti nei call center, il dipendente può sempre impugnare il recesso del cedente, in quanto la clausola sociale, di cui alla disciplina speciale del 2016 e del CCNL Telecomunicazioni, va interpretata come ulteriore tutela, che non esclude ma si aggiunge, a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento.

La particolarità della vicenda giudiziaria sta nella tesi prospettata dalla società Comdata al fine di liberarsi dei propri dipendenti che, infatti, presenta almeno i seguenti profili di notevole interesse, in particolare:
a) l’asserito difetto di legittimazione passiva sollevato dalla società convenuta sul presupposto che il rapporto di lavoro dei dipendenti fosse continuato ex lege con l'appaltatore subentrante e che, quindi, la società Comdata non dovesse essere neanche chiamata in giudizio;

b) l'inapplicabilità al caso di specie della cd. clausola sociale;

c) la corretta interpretazione delle norme di cui all'art. 1, comma 10, L n. 11/2016 e art. 53 del CCNL Telecomunicazioni;

d) l'llegittimità del licenziamento collettivo per violazione dei criteri di scelta di cui all'art. 5 L. 223/91 e, comunque l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo in ragione della cessazione dell’appalto.

Una delle questioni centrali della causa ha riguardato
la corretta interpretazione della normativa del cambio appalto e della cd. clausola sociale nel settore Telecomunicazioni (art. 1, comma 10, legge n. 11/2021 e art. 53 del CCNL Telecomunicazioni).

La società convenuta infatti aveva sollevato il difetto di legittimazione passiva, con riferimento al licenziamento, sul presupposto che i rapporti di lavoro fossero, in virtù delle disposizioni sopra richiamate, continuati ex lege con l'appaltatore subentrante.

Il Tribunale di Roma prima, e la Corte di appello, hanno disatteso l’eccezione sollevata dalla società resistente affermando che: “la normativa richiamata dalla convenuta, al pari della clausola sociale, non prevede dunque alcuna successione ex lege, né alcun obbligo dei dipendenti interessati dal cambio appalto di seguire la commessa, bensì l’attribuzione di un’ulteriore tutela che, come chiarito dalla S.C., non esclude, ma si aggiunge, a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento, con i limiti posti dalla legge all'esercizio del suo potere di recesso (così Cass. 29922/18 ed ancora più recentemente Cass. n. 2014 del 20.11.2020)".

Come statuito dal Tribunale di Roma, e confermato nei successivi gradi, la normativa sul cambio di appalto per i call center di cui all’art. 1, comma 10, l. n. 11/2016 e all’art. 53 CCNL Telecomunicazioni, prevede una tutela aggiuntiva per i lavoratori ma non dispone una successione automatica del rapporto di lavoro in capo al nuovo appaltatore.

In relazione a tale tematica la Corte di Cassazione ha affermato che “la previsione legislativa di cui dell’art. 1, comma 10, legge n.11/2016 codifica nello specifico settore la regola di continuità del rapporto di lavoro con l'appaltatore subentrante, in caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center, secondo le modalità e le condizioni previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro applicati e vigenti alla data del trasferimento, ovvero la cd. clausola sociale prevista da numerosi contratti collettivi”.