Articolo di Michelangelo Salvagni.
pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 6 novembre 2024,
Condivido questo articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano on-line sulla delicata questione dei licenziamenti disciplinari intimati a causa dell’uso improprio dei permessi ex art. 33, l. n. 104 del 1992.
Ho tentato di ricostruire i vari orientamenti della Corte di Cassazione che si sono succeduti nel tempo su tale fattispecie, evidenziando come la giurisprudenza di legittimità valuti, da sempre, in maniera rigorosa, quelle condotte del caregiver che utilizza tali benefici per finalità diverse da quelle della cura del disabile (c.d.abuso del diritto).
Tuttavia, Il discrimine fra l’uso corretto del permesso e l’esercizio abusivo dello stesso può rivelarsi “scivoloso” e può causare, se non valutato in maniera corretta rispetto alla tutela sottesa al valore sociale dell’istituto, la compressione di diritti fondamentali del disabile e di colui che se ne prende cura.
In questo quadro generale, ho dato conto di quel filone della Suprema Corte che privilegia, sin dal 2016, un approccio “qualitativo” e non “quantitativo” della fruizione dei permessi ex art. 33, l. 104/92, anche con riferimento all’assistenza, per così dire parziale, che non
può determinare “automaticamente” la fattispecie dell’abuso del diritto.
Nel solco di questo orientamento di legittimità si inserisce anche la recente ordinanza della Cassazione del 17 settembre 2024, n. 24130, che ribadisce il principio che vi è abuso del diritto “ove il nesso causale manchi del tutto” tra assistenza del disabile e assenza dal lavoro.
Di seguito il link dell’articolo.
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