LA PROCEDIMENTALIZZAZIONE DEL RECESSO PER INIDONEITÀ SOPRAVVENUTA DEL DISABILE ASSUNTO OBBLIGATORIAMENTE.

Articolo di Michelangelo Salvagni.

 Nota a Cass. 2 luglio 2024, n. 18094

Pubblicato su Rivista LABOR del 3 maggio 2025 

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Segnalo la mia ultima pubblicazione sulla Rivista Labor del 3 maggio 2025, dove analizzo la fattispecie del licenziamento del disabile assunto obbligatoriamente per inidoneità alle mansioni.  

L'ordinanza di Cass. del 2 luglio 2024, n. 18094, tratta il caso di un lavoratore, assunto obbligatoriamente ex l. 68 del 1999, il quale veniva licenziato per inidoneità alla mansione.

La società procedeva al recesso affermando che non fosse possibile la sua ricollocazione in ragione

dell’aggravamento dello stato di salute.

Il ricorrente, soccombente nei giudizi di merito, ha dedotto che sarebbe stato violato il particolare iter previsto per il licenziamento del disabile delineato dall’art. 10, co. 3, L. n. 68/1999, in base al quale l’accertamento delle condizioni di salute in ragione delle minorazioni, sia in caso di aggravamento che di significative variazioni nella organizzazione del lavoro aziendale, deve essere svolto dalla Commissione medica ex art. 4, l. n. 104/1992.

Il provvedimento in commento è di particolare interesse in quanto, in base alle statuizioni della Suprema Corte, si delinea, per il lavoratore disabile assunto obbligatoriamente, una sorta di “tutela speciale” e “rafforzata” che trova la propria fonte principale nella l. 12 marzo 1999, n. 68 che reca «norme per il diritto al lavoro dei disabili».

Secondo la Cassazione, in caso in cui il recesso sia determinato dall’aggravamento dell’infermità sulla base della quale si è avviato il collocamento obbligatorio, esso può considerarsi legittimo solo in

presenza di specifiche condizioni previste dalla legge.

A parere dei giudici di legittimità, infatti, la specialità della disciplina posta a protezione del disabile avviato obbligatoriamente, diversamente dalle ipotesi di recesso per giustificato motivo, “si

concreta, in relazione all’interesse della persona con disabilità, in un insieme di modalità procedurali, con effetti anche di carattere sostanziale sulla disciplina del rapporto e dellasua risoluzione”.

Precisa ancora sul punto la Corte che solo laddove l’organo tecnico, in posizione di terzietà, accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno della società “anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro nel più ampio spettro dei cd.

“accomodamenti ragionevoli” (per tutte, v. Cass. n. 6497 del 2021), il rapporto di lavoratore può essere risolto".