LA CORTE D'APPELLO DI ROMA CONDANNA TELECOM AL RISARCIMENTO DEL DANNO PROFESSIONALE E BIOLOGICO PER UN DEMANSIONAMENTO DI OLTRE 6 ANNI

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni

Con la sentenza n. 5265/2016, pubblicata il 23 marzo 2017, la Corte d’Appello di Roma ha accertato, confermando in parte la sentenza di primo grado, il grave demansionamento perpetrato ai danni di un lavoratore di Telecom Italia per un periodo complessivo di circa sei anni. I giudici di Appello hanno condannato la società sia al risarcimento del danno professionale (parametrandolo sulla retribuzione mensile del lavoratore per tutto il periodo in cui lo stesso è stato dequalificato e pari a 6 anni) sia al risarcimento del danno biologico, ordinando alla Telecom di adibire il lavoratore a mansioni riferibili al VII livello.

Il caso riguarda la vicenda riguarda un dipendente Telecom, inquadrato al VII livello del CCNL di settore, che durante il rapporto di lavoro aveva svolto mansioni di progettazione e di responsabile della programmazione commerciale ma che, da una certa data in poi era invece stato adibito a mansioni di mera compilazione di fogli excel sui cui riportare dei dati e, in altri casi, assegnato alla distribuzione di elenchi telefonici; il lavoratore, inoltre, per lunghi periodi durante i 6 anni di dequalificazione era stato lasciato completamente inattivo e senza alcun compito da svolgere. Nel corso dei procedimenti, di primo e secondo grado, i giudici hanno accertato la rilevante differenza quantitativa e qualitativa tra le attività lavorative svolte prima del periodo contestato e quelle, poche e inconsistenti, riferibili alla dequalificazione professionale oggetto di causa.

A tal proposito, i giudici hanno quindi accertato il gravissimo e prolungato demansionamento subito dal lavoratore; tale condotta della società ha determinato un grave danno alla professionalità del dipendente che, anche considerando l’età anagrafica del medesimo e le modalità dell’avvenuto demansionamento, è stato calcolato sul parametro del 50% della retribuzione mensile percepita dal lavoratore e quindi determinando un risarcimento del danno moltiplicato per tanti mesi quanti sono stati quelli dell’accertata condotta illecita dell’azienda, (il tutto per un totale di 6 anni).