Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 2296/2017 depositata il 09.03.2017, ha dichiarato l’instaurazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, direttamente con la Società utilizzatrice, per una lavoratrice assunta con contratto di lavoro in somministrazione condannando la Società stessa al pagamento di un’indennità risarcitoria.
La vicenda portata al vaglio del magistrato implicava l’accertamento della regolarità della somministrazione anche con riferimento alla causale utilizzata nel contratto posto a giustificazione del rapporto di lavoro. Il Tribunale di Roma ha quindi accertato la non veridicità di tali ragioni. Ed infatti, il Giudice capitolino, a seguito dell’istruttoria svolta, ha stabilito che la ricorrente, insieme a colleghi direttamente assunti dalla Società utilizzatrice, ha svolto mansioni diverse e comunque non corrispondenti a quelle indicate nel contratto di somministrazione e che avrebbero dovuto giustificare l’assunzione stessa. ...
Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
Con tre sentenze depositate a marzo 2017, il Tribunale di Roma condanna la Società GSE S.p.A. all’instaurazione tre rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con conseguenti condanne al pagamento delle indennità risarcitorie.
Nelle fattispecie, i contratti a tempo determinato, superiori a 12 mesi, sono stati stipulati adducendo ragioni di carattere organizzativo dovute ad una determinata esigenza aziendale; nonostante l’azienda abbia indicato la causale e il Giudice l’abbia ritenuta sufficientemente specifica, il Tribunale ha accertato la mancanza del nesso di causalità tra le ragioni poste alla base della stipula del contratto a termine e l’attività svolta in concreto dai ricorrenti. I lavoratori di GSE S.p.A., infatti, per l’intero periodo oggetto di causa, non hanno svolto l’attività indicata nel contratto, come emerso con evidenza in corso di giudizio tramite prova testimoniale. ...
Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
Con tre sentenze depositate a marzo 2017, il Tribunale di Roma condanna la Società GSE S.p.A. all’instaurazione tre rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con conseguenti condanne al pagamento delle indennità risarcitorie.
Nelle fattispecie, i contratti a tempo determinato, superiori a 12 mesi, sono stati stipulati adducendo ragioni di carattere organizzativo dovute ad una determinata esigenza aziendale; nonostante l’azienda abbia indicato la causale e il Giudice l’abbia ritenuta sufficientemente specifica, il Tribunale ha accertato la mancanza del nesso di causalità tra le ragioni poste alla base della stipula del contratto a termine e l’attività svolta in concreto dai ricorrenti. I lavoratori di GSE S.p.A., infatti, per l’intero periodo oggetto di causa, non hanno svolto l’attività indicata nel contratto, come emerso con evidenza in corso di giudizio tramite prova testimoniale. ...
Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
Con sentenza n. 260/2017 depositata il 11.04.2017 il Tribunale di Latina condanna la Società Aero Sekur S.p.A. a risarcire una lavoratrice per il danno professionale e biologico subito a causa di una illegittima dequalificazione professionale posta in essere durante il rapporto di lavoro. La società aveva infatti adibito la lavoratrice a mansioni inferiori invocando il proprio diritto di riorganizzare l’impresa a fronte della carenza di commesse patita nel reparto in cui la medesima era addetta. La Società assumeva in giudizio che la propria condotta fosse pienamente legittima. Tale assunto veniva smentito dal ragionamento del Tribunale di Latina. Ed infatti, secondo la disciplina dettata dall’art. 2103 c.c. (nella precedente formulazione prima del D. Lgs. 81/2015), è a carico del datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver adibito il lavoratore, durante il rapporto di lavoro, a mansioni equivalenti a quelle del livello contrattuale posseduto e/o quelle in precedenza svolte, dovendo garantire la capacità professionale acquisita dal prestatore.
A parere del Giudice di Latina, invece, tale onere non è stato assolto in quanto l’istruttoria ha dimostrato che la lavoratrice era stata adibita a mansioni inferiori di semplice operaia addetta alle linee di produzione (in concreto, assemblaggio pezzi), quando invece in precedenza aveva ricoperto il ruolo di capo reparto. In sostanza, la ricorrente si era ritrovata a svolgere le stesse mansioni degli operai che invece prima dirigeva e controllava nella qualità di capo reparto.
Ciò ha determinato, secondo il Tribunale di Latina, non solo una grave dequalificazione professionale, ma anche un serio danno d’immagine e professionale per la lavoratrice, compromettendo il suo credito presso i colleghi ed impedendole di aggiornarsi e di avanzare ulteriormente di carriera. Il Giudice ha quindi quantificato il danno di tipo professionale considerando l’anzianità di servizio e la posizione raggiunta antecedentemente all’illegittima condotta aziendale utilizzando quale parametro risarcitorio la retribuzione mensile della lavoratrice.
Per quanto riguarda il danno non patrimoniale il Giudice, inoltre, ha condannato l’azienda anche al risarcimento del danno biologico liquidando una somma in base alle tabelle adottate dal Tribunale di Milano alle quali il Giudice di Latina attribuisce il pregio di considerare, non solo la lesione dell’integrità psico-fisica, bensì anche gli ulteriori pregiudizi areddituali che da tale lesione ordinariamente derivano.