POLICLINICO UMBERTO I DI ROMA: LA CORTE DI APPELLO DI ROMA CONFERMA LA SENTENZA CON CUI IL TRIBUNALE AVEVA ACCERTATO IL DEMANSIONAMENTO DEL LAVORATORE RICONOSCENDO IL DANNO ESISTENZIALE E BIOLOGICO

Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni

Con sentenza del 12.04.2021, la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Roma aveva accertato il demansionamento subito dal lavoratore, condannando l’Azienda a risarcirgli il non patrimoniale subito.

In particolare, i giudici dell’appello hanno confermato che il lavoratore - inquadrato come collaboratore amministrativo professionale esperto - per un periodo di oltre due anni, era rimasto, dapprima, sostanzialmente privo di assegnazione di incarichi e, poi, addirittura privo di una postazione lavorativa e, successivamente, adibito a mansioni nettamente inferiori rispetto a quelle proprie della qualifica posseduta, ed infine lasciato in condizione di inattività lavorativa.

La Corte di Appello, pertanto, dando corretta applicazione dei principi espressi dalla Suprema Corte in tema di onere della prova del demansionamento - che, appunto, grava sul datore di lavoro - ha ritenuto che l’Azienda non avesse contestato la ricostruzione dei fatti fornita dal lavoratore (comunque confermata dai testimoni escussi) e, in ogni caso, non avesse provato di aver adibito il medesimo a mansioni proprie della elevata qualifica posseduta.

La Corte, inoltre, quanto al risarcimento del danno, ha condiviso la statuizione del giudice di primo grado laddove: a) aveva accertato il danno esistenziale patito dal lavoratore in oltre 33.000,00 euro, avendo ritenuto raggiunta la prova dell’effettiva alterazione delle abitudini di vita del medesimo nel periodo in cui aveva subito l’accertato demansionamento; b) aveva determinato il danno in via equitativa nella misura del 40% della retribuzione mensile, avuto riguardo alle caratteristiche concrete del demansionamento (privazione delle funzioni di coordinamento di risorse e di responsabilità), alla sua durata e gravità, alla conoscibilità della stessa all’interno e all’esterno del luogo di lavoro, nonché agli effetti negativi di tale dequalificazione professionale sul “fare a-reddituale” del medesimo.

La Corte di Appello, infine, dopo aver disposto la CTU per l’accertamento del danno all’integrità psico-fisica non riconosciuto in primo grado, accogliendo l’appello sul punto proposto dal lavoratore, ha altresì accertato il danno biologico subito dal lavoratore.

Continua


Licenziamento collettivo in area contratto a tutele crescenti: reintegrazione per omessa procedura d’informazione e consultazione.

Errata corrige  14 APR 2022

Articolo di Michelangelo Salvagni.

Pubblicato in Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, n.1/2022, Parte II, RGL Giurisprudenza on line - Newsletter n.3/2022

Link PDF

TRIBUNALE ROMA, 12.10.2021 - Est. Pascarella - C.R. + 4 (avv. De Francesco) c. T. F. Soc. Coop. (avv. Bruni) e C. A. e S. S.r.l. (avv. Marano).  

Appalto – Cessazione appalto – Cambio appalto – Licenziamento di tutti i lavoratori addetti all’appalto – Mancata riassunzione dell’appaltatore subentrante – Non applicazione clausola sociale per mancata previsione nel CCNL – Qualificazione dei licenziamenti come collettivi in ambito Jobs Act – Mancata effettuazione della procedura di licenziamento collettiva ex l. n. 223/91 – Omissione obblighi di consultazione e informazione –  Regime sanzionatorio applicabile – Nullità del recesso – Reintegrazione ex art 2, comma 1, d.lgs. n. 23/2015. 

Nell’ambito di rapporti di lavoro instaurati con contratti a tutele crescenti ex d.lgs. n. 23/2015 e nel caso in cui il recesso, a seguito di un licenziamento per cessazione di un appalto, debba qualificarsi come licenziamento collettivo - non essendo applicabile l’art. 7, c. 4-bis, della l. n. 31/08, in quanto i prestatori non sono stati “riassunti” dall’appaltatore subentrante –, l’omesso espletamento della procedura ex art. 24 della l. n. 223/91 e delle informazioni e consultazioni con le parti sociali e le autorità pubbliche determina la nullità del recesso, trattandosi di norma imperativa di origine eurounitaria la cui violazione si traduce in un esercizio abusivo del potere di licenziamento collettivo, configurandosi così un negozio nullo poiché in frode alla legge ex art. 1344 c.c.., con conseguente applicazione della reintegra del lavoratore ex art. 2, c. 1, d.lgs. n. 23/15 e non della sola tutela indennitaria per vizi formali della procedura. (1) ...

Continua


La mancata assunzione di lavoratrici in gravidanza configura una discriminazione: ITA Airways condannata a pagare il risarcimento del danno da perdita di chance anche in funzione dissuasiva

Errata corrige  14 APR 2022

Articolo di Michelangelo Salvagni pubblicato su Lavoro e Previdenza Oggi News.

Link all'articolo

Il Tribunale del lavoro di Roma, con sentenza del 23 marzo 2022, ha accertato nei confronti della Compagnia ITA Airways la discriminazione per la mancata assunzione di due lavoratrici in gravidanza, condannando la società al risarcimento del danno da perdita di chance quantificato in 15 mensilità delle relative retribuzioni.

La vicenda riguarda due ex-assistenti di volo di Alitalia che si sono candidate per essere assunte dalla Compagnia Aerea, presentando regolare domanda di “adesione” e che, tuttavia, non state neanche chiamate per la selezione. ...

Continua


La mancata assunzione di lavoratrici in gravidanza configura una discriminazione: ITA Airways condannata a pagare il risarcimento del danno da perdita di chance anche in funzione dissuasiva

Errata Corrige 14 APR 2022

Articolo di Michelangelo Salvagni pubblicato su Lavoro e Previdenza Oggi News.

Link all'articolo

Il Tribunale del lavoro di Roma, con sentenza del 23 marzo 2022, ha accertato nei confronti della Compagnia ITA Airways la discriminazione per la mancata assunzione di due lavoratrici in gravidanza, condannando la società al risarcimento del danno da perdita di chance quantificato in 15 mensilità delle relative retribuzioni.

La vicenda riguarda due ex-assistenti di volo di Alitalia che si sono candidate per essere assunte dalla Compagnia Aerea, presentando regolare domanda di “adesione” e che, tuttavia, non state neanche chiamate per la selezione.

Le ricorrenti, pertanto, hanno convenuto in giudizio la società proponendo ricorso ex art.  38 D.Lgs. n. 198/2006, deducendo, in punto di diritto, che si fosse configurata una discriminazione nella procedura di assunzione in ragione del loro stato di gravidanza. Le ricorrenti, inoltre, ai fini della dimostrazione di tale illegittima condotta, hanno indicato a fini statistici il nominativo di altre sei lavoratrici in gravidanza, del pari escluse dalla selezione. Le prestatrici hanno anche eccepito che i criteri di selezione adottati dalla società, nella scelta dei lavoratori assunti, risultavano del tutto oscuri.

...

Continua