Causa patrocinata dallo Studio legale Salvagni
Con sentenza del 12 ottobre 2021 la Corte di Appello di Roma, in accoglimento del ricorso promosso da una dirigente nei confronti di Assicurazioni di Roma - Mutua Assicuratrice Romana, ha confermato l’illegittimità del licenziamento intimato nei confronti di una Dirigente in assenza di qualsivoglia giusta causa e ha condannato l’azienda a corrisponderle una somma pari ad oltre 600 mila euro, a titolo di risarcimento del danno.
In particolare, il giudice del lavoro, nel disattendere le difese articolate dalla Mutua Assicuratrice a sostegno delle molteplici contestazioni disciplinari elevate a carico della dirigente e sfociate nel successivo provvedimento di licenziamento, ha accertato che non vi fossero “apprezzabili motivi per i quali si debba ritenere che le condotte tenute dalla ricorrente ed oggetto di contestazione disciplinare abbiano turbato il legame di fiducia con parte datoriale”.
Pertanto, i giudici di appello hanno dichiarato l’illegittimità del recesso datoriale e, in applicazione del CCNL dirigenti imprese assicuratrici applicabile al caso di specie, hanno condannato Assicurazioni generali al pagamento, in favore della dirigente assistita dallo studio legale Salvagni, di una somma corrispondente all’indennità supplementare ivi prevista e pari a 48 mensilità della retribuzione percepita, a titolo di risarcimento del danno subito.
Inoltre, il giudice ha condannato parte datoriale a corrispondere alla lavoratrice anche indennità di mancato preavviso, prevista al citato CCNL in misura pari 12 mensilità della retribuzione corrisposta alla lavoratrice in costanza di rapporto di lavoro.
Causa patrocinata dallo Studio legale Salvagni.
Sentenza segnalata su WikiLabour.it
Il Tribunale di Civitavecchia, con sentenza del 1 aprile 2021, ha accolto il ricorso promosso da una lavoratrice nei confronti di Alitalia – Società Aerea Italiana S.p.A. in Amministrazione Straordinaria dichiarando, in applicazione dell’art. 22, co. 2 del D.Lgs. n. 81/2015, costituito tra le parti un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Nel caso di specie, alla scadenza del contratto a termine stipulato con la convenuta, il rapporto di lavoro della ricorrente era di fatto proseguito per oltre tre mesi, senza che la medesima avesse sottoscritto qualsivoglia documento (rectius proroga) idoneo a legittimarne la prosecuzione oltre il termine inizialmente pattuito.
Secondo la difesa aziendale, posto che la forma scritta ad substantiam è richiesta dalla legge solo per l’apposizione del termine di durata del rapporto di lavoro e non anche per la relativa proroga, il consenso della lavoratrice alla stessa avrebbe dovuto ritenersi manifestato per facta concludentia, ravvisabili nella prosecuzione dell’attività lavorativa da parte della medesima senza alcuna manifestazione di dissenso.
Il Giudice del lavoro ha respinto le deduzioni datoriali e, in accoglimento della prospettazione offerta dallo studio Salvagni, ha rilevato come, in assenza di forma scritta, la prosecuzione dell’attività lavorativa dimostri esclusivamente che la lavoratrice ha prestato il consenso alla continuazione del rapporto oltre la scadenza del termine ma non anche alla proroga del contratto a tempo determinato, con conseguente applicazione del meccanismo sanzionatorio di cui al citato art. 22, co. 2 del D.Lgs. n. 81/2015.
Il Tribunale ha, quindi, condannato Alitalia alla riammissione in servizio della dipendente e, stante la sottoposizione della società alla procedura di amministrazione straordinaria, dichiarato il diritto della medesima ad un’indennità risarcitoria pari a 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Errata corrige 05 Aprile 2022
Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni.
Commento alla sentenza Corte Appello Roma, del 21.2.2022, est Di Sario, patrocinata dallo Studio Legale Salvagni, a cura dell’avv . Elisabetta Masi.
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a) rivista on-Line Lavoro e Previdenza Oggi NEWS
Con sentenza del 23 febbraio 2022, n. 189, la Corte d’appello di Roma, nel rigettare l’appello proposto dalla società Stampa Roma, ha confermato la sentenza del 23 gennaio 2019, n. 639, con cui il Tribunale capitolino aveva riconosciuto la nullità del trasferimento di un lavoratore (assistito dallo Studio Legale Salvagni) e della relativa assegnazione a mansioni inferiori, con condanna del datore di lavoro a risarcire il danno morale e il danno professionale subito e quantificato sino alla sentenza.
La Corte territoriale, infatti, aderendo alla tesi prospettata dallo Studio Salvagni, ha disatteso le censure articolate dalla società in sede di gravame e ha ritenuto illegittimo il trasferimento unilateralmente disposto nei confronti del dipendente in ragione dell’asserita riorganizzazione aziendale addotta a fondamento di tale provvedimento; in particolare, la Corte ha rilevato l’omessa dimostrazione, da parte della società, delle ragioni tecnico-organizzative richieste dall’art. 2103 c.c. relative alla sede di provenienza del lavoratore. ...
Errata corrige 05 APR 2022
Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni.
Con sentenza del 6 ottobre 2021 il Tribunale di Roma ha riconosciuto che le mansioni svolte da un lavoratore, nell’ambito di vari appalti sul territorio romano, in qualità di direttore di servizi mensa e bar, sono riconducibili al superiore secondo livello del CCNL Pubblici Esercizi e non al quarto formalmente assegnato al dipendente per contratto.
La vicenda tratta il caso di un lavoratore, assistito dallo studio legale Salvagni, che ha prestato servizio alle dipendenze della società’ Ladisa S.r.l., nota società che si occupa di appalti su tutto il territorio nazionale per servizi di ristorazione, mense e bar, in particolare presso la Rai e Ministeri pubblici.
Il lavoratore ha rivendicato in giudizio il superiore inquadramento nel 2 livello del CCNL di settore deducendo che, nonostante fosse formalmente inquadrato nell’inferiore livello 4, tuttavia durante il rapporto lavoro ha sempre svolto mansioni superiori in qualità di responsabile e gestore di vari servizi mensa e bar.
Il giudice romano ha accolto la tesi dello Studio Legale Salvagni avendo accertato che il dipendente era la persona delegata dalla società a presenziare alle gare di appalto e delegata a sopralluoghi sui luoghi di esecuzione del contratto che, in particolare, ha poi sempre provveduto non solo alla gestione delle normali attività relative ai servizi in appalto, come l’approvvigionamento di beni e materiali, ma che ha anche coordinato il personale e ha gestito gli incassi.
Il Tribunale di Roma, pertanto, sulla base di tale accertamento ha riconosciuto il superiore secondo livello condannando la società al pagamento delle differenze retributive pari a circa 30.000 €, oltre alle relative differenze retributive mensili per il superiore livello dalla sentenza in poi, nonché all’adeguamento del TFR e dei contributi previdenziali per le maggiori somme dovute.