Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
La Corte di appello di Roma, con sentenza del 20.05.2024, rigettando l’appello proposto dalla società, ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma che aveva accertato l'illegittimo demansionamento subito da un lavoratore inquadrato nel livello 7° Quadro e statuito che le mansioni svolte in distacco presso altra società (la Loquendo) erano da ricondursi a quelle di Venditore e, come tali, riferibili all’inferiore 5° livello del CCNL Telecomunicazioni, mentre quelle di Store Fix Specialist, svolte successivamente, erano addirittura riferibili all’inferiore di 4° livello del CCNL applicato.
La Corte di appello, inoltre, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal lavoratore, ha condannato la società alla corresponsione di ulteriori (rispetto ai 170.000 liquidati dal giudice di primo grado) 250.000 euro a titolo di danno alla professionalità (in considerazione della notevole durata della dequalificazione professionale - dal 2017 - e della gravità del demansionamento). In tal modo, il danno professionale liquidato corrisponde all’80% della retribuzione per ciascun mese per tutto il periodo dell’accertato demansionamento.
I giudici del secondo grado, infine, sempre in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal lavoratore, hanno riconosciuto l’assegnazione di un’auto aziendale concessa ad uso promiscuo quale retribuzione in natura corrisposta mediante il conferimento in favore del lavoratore di beni e/o servizi, comunemente denominati "fringe benefit”.
Ed infatti, a seguito della revoca dell’auto aziendale, il lavoratore aveva adito il Tribunale di Roma per richiedere il riconoscimento della natura retributiva della stessa e il conseguente pagamento delle retribuzioni per equivalente in ragione della mancata fruizione del benefit, trattandosi di retribuzione irriducibile ex art. 2103 e 2099 c.c., ormai entrata a far parte del patrimonio del lavoratore.
La Corte di appello di Roma, per quanto attiene all’attribuzione dell’auto aziendale per “uso promiscuo” con inserimento in busta paga dell’elemento figurativo del valore convenzionale dell’auto, ha ritenuto che tale concessione, trattandosi di “fringe benefits”, assume valore di retribuzione in natura, cui si applica il principio di irriducibilità della retribuzione.
Pertanto, secondo il giudice, il datore può revocare l’utilizzo dell’auto, ma solo a condizione di mantenere lo stesso livello retributivo del dipendente, trattandosi di retribuzione irriducibile, connessa all’uso promiscuo dell’auto.
La società, pertanto, è stata condannata al pagamento di una somma avente natura retributiva, quale controvalore economico del benefit revocato, nonché del controvalore del costo carburante.
Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
Lo studio legale Salvagni ha recentemente vinto in Cassazione un’importante controversia relativa a 6 lavoratori licenziati dalla società Comdata S.p.a. per i quali è stata definitivamente confermata la reintegrazione nel posto di lavoro, reintegra invero immediatamente ottenuta sin dalla prima sentenza del Tribunale di Roma e poi confermata dalla Corte di Appello di Roma.
Il caso riguarda società Comdata S.p.A., nota azienda che si occupa di servizi di call center, che, con un’operazione del tutto illegittima, utilizzando peraltro in modo anomalo la cd clausola sociale in materia di cambio appalto nel contatto telecomunicazioni, ha ceduto i propri dipendenti, addetti alla commessa di altra società ALD Motive (ben 56), ad una società subentrante, neocostituita ed avente un capitale sociale di appena 10 mila euro. ...
Errata corrige 10 GIU 2024.
Segnalo con piacere una recente pronuncia del Tribunale di Roma del 10 giugno 2024, emessa a seguito di in una causa patrocinata da questo studio in materia di appalto illecito, che conferma, cronologicamente quale secondo arresto, la non genuinità dell’appalto posto in essere dall’ Istituto Bancario, interposizione illecita che infatti era già stata accertato da altra decisione del Tribunale di Roma del 14 gennaio 2024, est. Rossi, intervenuta su analoga controversia patrocinata sempre da questo studio legale (vai all'articolo).
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Causa patrocinata dallo Studio Legale Salvagni
Con sentenza del 13.05.2024 la Corte di appello di Roma ha accolto l’appello proposto dal lavoratore avverso la sentenza del Tribunale di Velletri che, in primo grado - ove il medesimo era difeso da altro studio legale - aveva rigettato il ricorso.
In particolare, i giudici di secondo grado hanno accertato che il pluriennale rapporto di lavoro formalmente intercorso tra il lavoratore e le società formali datrici di lavoro - società di consulenza informatica che si limitavano alla mera fornitura di manodopera (cd. Body Rental) - doveva in realtà essere imputato alla Telecom Italia in qualità di effettivo datore di lavoro.
Nel caso di specie, il lavoratore, dal 31.3.2008, aveva prestato la propria attività lavorativa di natura subordinata - svolgendo mansioni di tipo informatico - direttamente in favore della Telecom, ricevendo disposizioni specifiche, direttive e indicazioni dai referenti della società stessa, essendo inoltre sottoposti, da parte degli stessi, al controllo e/o riscontro della propria prestazione lavorativa.
In particolare, il giudice ha focalizzato il proprio ragionamento decisorio sulla mancata prova dell’esistenza di uno o più contratti di appalto tra le formali datrici di lavoro succedutesi nel tempo e la Telecom Italia in quanto, tra la documentazione prodotta dalla società, non vi era alcun contratto di appalto tra le stesse, titolo che avrebbe giustificato le prestazioni poste in essere dal lavoratore in suo favore.
Alla luce delle risultanze emerse dall’istruttoria testimoniale e, soprattutto, della documentazione prodotta, la Corte di appello, pertanto, ha dichiarato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, a tempo pieno e indeterminato, intercorso con la Telecom in modo irregolare, ancora in essere, condannando la Società alla riammissione in servizio del lavoratore e al pagamento delle differenze retributive tra quanto percepito con i formali datori di lavoro e quanto il medesimo avrebbe dovuto percepire qualora assunto dalla Telecom sin dall’origine.