LA TUTELA REINTEGRATORIA NEL CASO DI LICENZIAMENTO DISCIPLINARE

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L’assenza di illiceità di un fatto materiale pur sussistente, deve essere ricondotto all’ipotesi, che prevede la reintegra nel posto di lavoro, dell’insussistenza del fatto contestato, mentre la minore o maggiore gravità (o lievità) del fatto contestato e ritenuto sussistente, implicando un giudizio di proporzionalità, non consente l’applicazione della tutela cd. Reale

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Nel contratto a tutele crescenti il licenziamento ritorsivo rientra tra i casi di nullità suscettibili di reintegrazione

Articolo di Michelangelo Salvagni

Pubblicato in Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, n.4/2016

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TRIBUNALE DI ROMA, 24.6.2016 - Est. Leone - C.N.B (avv.ti Crescenzio, Bernardi) c. Settembrini S.p.A. e M.L. (avv. Rinaldi).

 

Licenziamento individuale – Contratto di lavoro a tutele crescenti – Sanzioni disciplinari – Licenziamento  disciplinare - Consumazione potere disciplinare – Natura ritorsiva del recesso -  Motivo illecito determinante – Nullità - Sussistenza - Reintegrazione.

 

Il licenziamento disciplinare dev’essere considerato ritorsivo quando l’ordine temporale tra i provvedimenti e i comportamenti del dipendente è tale che tra la sospensione dal servizio e il licenziamento non è stato svolto alcun giorno di lavoro effettivo e, quindi, non può essersi realizzato, neppure in ipotesi, alcun comportamento da parte del dipendente (assente) se non la sola impugnativa delle sanzioni innanzi all’Organo arbitrale. Tale unico circostanza di fatto, in assenza di diverse indicazioni da parte del datore di lavoro, comprova che la scelta di quest’ultimo che determina il recesso risulta connotata dal chiaro e unico intento ritorsivo, quale risposta all’impugnativa delle precedenti sanzioni il cui potere disciplinare si era peraltro già consumato con la irrogazione delle stesse. (1)

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